“Non è un film generazionale”, chiarisce subito Gabriele Muccino alla Festa del Cinema di Roma 2024 per presentare il suo nuovo lavoro, Fino alla fine, al cinema dal 31 ottobre con 01 Distribution. Elena Kampouris, giovane attrice statunitense nota per Il mio grosso grasso matrimonio greco 2 (2016) e 3 (2023), che interpreta Sophie, è protagonista insieme a Saul Nanni e Lorenzo Richelmy di un’avventura lunga una notte in un thriller pericoloso che porta a superare la linea sottile tra bene e male.
“Sophie, americana, di passaggio a Palermo con la sorella, incarna una forza vitale indomabile. Dopo aver vissuto a lungo in uno stato di prigione emotiva, sceglie, incontrando un gruppo di giovani siciliani, di uscire dal proprio bozzolo e tuffarsi nella vita sfidando sé stessa e il mondo – ha dichiarato Muccino – Il suo è un viaggio di iniziazione per vivere senza rimpianti, scoprire l’ignoto e accettare il cambiamento come forza necessaria, anche insidiosa, ma comunque fondamentale se si vuole vivere davvero fino in fondo. Fino alla fine“.
In Fino alla fine nell’arco di una sola notte Sophie trasforma una noiosa vacanza in Italia con la sorella, tra monumenti e chiese, in una storia d’amore tanto repentina quanto intensa e poi in un’avventura con un gruppo di ragazzi del posto appena conosciuti che lascia sempre più col fiato sospeso, dagli esiti estremi e al limite dell’incredibile. Sophie passa dall’essere una ragazza compressa entro regole stringenti a diventare quasi una criminale, capace di maneggiare armi e ordire folli piani di fuga.
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“Non è un film sui ragazzi di oggi, credo che abbia delle dinamiche universali che non hanno età – spiega Muccino a Roma – Della loro età questi personaggi portano l’impeto, la vitalità e il fatto di sentirsi immortali. Il resto ha a che fare con la natura stessa dell’uomo. C’è una linea invisibile tra giusto e sbagliato, lecito e illecito, bene e male, che è molto facile attraversare che ha segnato la storia dell’umanità. L’uomo è sia cacciatore che assassino, è nella nostra natura. Le scelte che fa Sophie vengono anche dall’incontro con il pericolo e il pensare con la presunzione umana di poterlo dominare”.
Fino alla fine è un film che esula dal genere a cui Muccino ci ha abituato negli ultimi anni, ma il regista sottolinea di aver sempre avuto il desiderio di andare in questa direzione. “Volevo raccontare da tempo questa linea di confine. Quando vidi American Beauty stavo scrivendo L’ultimo bacio e sono sempre rimasto con il desiderio che ci fosse un morto anche nel mio film. Il morto non c’è stato, ma ho sempre avuto la voglia di scavalcare il muro ed esplorare il nero, di andare dall’altra parte dove non si sa cosa si potrebbe trovare. Questo mi ha permesso di sfondare delle barriere linguistiche ancora più potenti che ho sempre usato e abbiamo potuto osare anche con le scene d’azione, usando una macchina da presa particolare, per le riprese in movimento”.
Dopo 13 film e 18 episodi di una serie (A casa tutti bene), Muccino sentiva certamente il desiderio di cambiare, di provare ad osare e soprattutto di soddisfare una certa voglia di pericolo. “La paura è una compagna di viaggio necessaria per me. Io ho quasi sempre scelto film pericolosi, quando non l’ho fatto ho sbagliato, film che mi mettessero la paura di fallire. Questo film aveva tutti gli ingredienti per essere un disastro. Qualcuno avrebbe potuto farsi male, lo temevo davvero, i rischi erano tantissimi e imprevedibili. È stato un film girato con il brivido addosso anche da parte degli stessi attori, che l’adrenalina non la simulano, la vivono”.