Sono il regista – esordiente – e il protagonista maschile di Un giorno alla volta, film presentato nella sezione Alice nella città della Festa del Cinema di Roma 2023, ma Nicola Conversa e Tommaso Cassissa hanno una storia comune che risale ai tempi dei corti Numeri (2021) e La bambola di pezza (2022) e include anche il recente doc Pooh – Un attimo ancora.
Un percorso che oggi li porta insieme a raccontare una storia “che mescola la comicità e il realismo“, nella quale si parla di amicizia, malattia e le paure che tutti noi abbiamo. Anche con leggerezza. Prodotto da Manuela Cacciamani, il film One More Pictures con Vision Distribution – in collaborazione con Rai Cinema – è interpretato anche da Ginevra Francesconi, Francesco Centorame, Katia Follesa, Marilù Pipitone, Edoardo Pagliai, Federica Pagliaroli, con la partecipazione di Cesare Bocci ed Elisabetta De Palo.
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IL FATTO:
Marco è un ansioso diciannovenne prossimo alla maturità, con 3 materie da recuperare, una madre che vive con lo smartphone in mano ed un fratello che sogna di fare il cantante indie. È a-social e vorrebbe amare come si faceva un tempo. Aria si è diplomata l’anno precedente, ha tatuato sul braccio “un oggi alla volta” e vive ogni giorno come se fosse l’ultimo. A seguito di un numero di telefono memorizzato male, Marco e Aria si conoscono ed iniziano a piacersi… Marco però non sa che Aria vive un oggi alla volta, non perché bellissima e ribelle come vuole dimostrare di essere, ma per colpa di una malattia degenerativa che la fa andare a dormire senza sapere se un domani ci sarà veramente. Un teen love drama divertente e appassionante, che racconta il viaggio incredibile e sorprendente che i protagonisti si troveranno a fare. Il tutto per riuscire in una cosa talmente semplice da essere diventata complicata oggi: innamorarsi.
L’OPINIONE:
E’ una storia molto sentita e lungamente attesa, da parte del diretto interessato, quella scelta da Nicola Conversa per esordire alla regia. Una storia di giovani e di tempo, dalle molte anime e con il desiderio di conciliarne più di quelle mostrate, che riesce a tenere insieme personaggi da commedia leggera con spunti di riflessione non semplici, soprattutto per la presenza di Franco.
Franco è il cattivo della storia, è la malattia degenerativa che costringe la giovane Asia a rinunciare a vivere, a pieno, e che la ragazza ribattezza per evitare di dare troppe spiegazioni, per evitare di nominare la Distrofia Miotonica nota come Sindrome di Steinert e perché “se dai un nome alle cose brutte fanno meno paura“. Un fantasma che resta tale per il pubblico fino alla seconda parte del film, nel quale il tono da teen comedy – a tratti demenziale – cambia, ma non troppo.
La paura del tempo, di non averne abbastanza, di mostrare le proprie debolezze o delle responsabilità sono alcuni dei temi affidati ai tanti personaggi messi in scena. Non solo i protagonisti, ma anche una serie di figure, in alcuni casi ridotti a caratteri secondari (come quelli, pur ben giocati, nonostante qualche gag di troppo, del baffuto Francesco Centorame e della sua piccola ‘sorellina’) o a partecipazioni speciali (come quella di Cesare Bocci, nei panni di un padre del quale forse sarebbe stato meglio sentire la mancanza).
Ignorati, osteggiati, irrisi, i social restano comunque protagonisti (anche nelle scelte di regia che li sovrappongono all’azione sullo schermo, come ormai spesso vediamo fare) di un racconto pulito e ordinato di una generazione e di una storia nella quale amicizia e fratellanza sono – volutamente – fondamentali. Elementi anche questi che si aggiungono agli altri, che avrebbero potuto trovare una forma più equilibrata e più spazio, soprattutto con un maggior coraggio in fase di montaggio. Un classico per le ‘prime volte’, insieme a qualche perdonabile leggerezza che rende il risultato finale un po’ troppo ‘consueto’ e troppo lunga l’attesa per un conflitto o una svolta che dia la necessaria scossa alla storia di questi due innamorati che sarebbero sicuramente piaciuti a Peynet.
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Adolescenza, crescita, scoperta, paura e – purtroppo – malattia e disagio si intrecciano spesso in quella che è ormai diventata una vera e propria categoria a parte, per altro sempre più popolata negli ultimi anni. Molti gli esempi internazionali ai quali si potrebbe guardare, come il Quel fantastico peggior anno della mia vita del 2015, ma anche italiani, con i quali il film di Conversa potrebbe avere più in comune, anche come tono. Facile, dunque, citare il Bianca come il latte, rossa come il sangue del 2013 diretto da Giacomo Campiotti, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Alessandro D’Avenia, ma soprattutto la trilogia interpretata dalla sorella della ‘nostra’ Ginevra, Ludovica Francesconi, e sviluppata da Claudio Norza (regista dei sequel Ancora più bello e Sempre più bello del 2021) a partire dal Sul più bello di Alice Filippi del 2020.