Edgar Wright è un regista che non ha mai avuto paura di osare, sin dalle sue prime prove, la mitica Trilogia del Cornetto, passando per un film ipertrofico e oggi molto da rivalutare come Scott Pilgrim vs the World. Dopo Baby Driver la sua attenzione si è ulteriormente concentrata sulla rivisitazione dei generi e delle correnti. Ultima notte a Soho è un nuovo tassello di questa ricerca.
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Presentato fuori concorso a Venezia 78, e naturalmente come proiezione di gala al BFI London Film Festival, Last Night in Soho segue la giovane Eloise che dalla bella Cornovaglia si trasferisce a Londra per studiare e coronare il suo sogno, che già era stato di sua madre, di diventare stilista.
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Ma Londra è una città dura, e se ne accorgerà molto presto, soprattutto quando incredibilmente si troverà a vivere la vita di Sandie, un’aspirante cantante nella scintillante Swingin’ London del 1965.
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Meglio fermarsi qui, perché Ultima notte a Soho
…è un film ricchissimo di colpi di scena e, come ha chiesto lo stesso Wright alla stampa proprio in occasione della prima mondiale del film a Venezia, è opportuno svelarne il meno possibile.

Credit: Parisa Taghizadeh / Focus Features
Quello di cui si può parlare è invece l’abilità con cui il regista, insieme alla co-sceneggiatrice Krysty Wilson-Cairns, è riuscito a mantenere un difficilissimo equilibrio tra i molti generi e le altrettante ispirazioni che compongono questo omaggio a una città tanto incredibile quanto terribile.
Da Londoner consumato, Wright trasmette alla perfezione le due facce di Londra, che in oltre cinquant’anni non sono cambiate. Una metropoli che fa innamorare a prima vista, salvo poi ricordarti che non c’è niente che faccia più paura di una storia d’amore.
Il regista di Hot Fuzz mischia tutto quello che la città offre e lo trasforma in cinema di generi. C’è il musical, la commedia romantica, il melò, il thriller e l’horror puro, raccogliendo la lezione dei suoi padri putativi. Bava, Argento, De Palma, ma anche il Free Cinema inglese e il cinema classico americano.

Ma al di là di ciò che è evidente, la cosa davvero sorprendente è il sottotesto politico che sorprende. Eloise e Sandie sono due personificazioni di Londra (un po’ come Sabrina Ferilli lo è di Roma ne La grande bellezza e Luisa Ranieri di Napoli in È stata la mano di Dio), un luogo in cui tutto è permesso, ma dove in realtà tutto è fermo.
L’establishment britannico ha infranto nei decenni le speranze delle nuove generazioni. Londra è una città viva suo malgrado, in cui a dettare legge è il mondo finanziario, e in cui i movimenti artistici e culturali sono una eccellente copertura della strisciante ipocrisia di chi ha portato il paese in una direzione diametralmente opposta.
Eccellenti le due protagoniste
Thomasin Mckenzie e Anya Taylor-Joy, entrambe destinate a carriere radiose, così come è perfetto Matt Smith nei panni di un oscuro dandy della Londra dei Sixties.
Ma la vera chicca è la presenza di tre monumenti del cinema inglese, passati tra le mani di autori come Tony Richardson, Basil Dearden e Richard Lester, nel caso di Rita Tushingham, o di Ken Loach, Fellini e Pasolini per Terence Stamp, fino alla divina Diana Rigg, scomparsa subito dopo la lavorazione di Ultima notte a Soho e a cui Wright dedica doverosamente il film.
Ultima notte a Soho è uno di quei film meravigliosamente anarchici di cui il cinema avrà sempre bisogno. E di cui sarebbe bello poter godere più spesso.