Zona Protetta – La docu-serie in anteprima su RaiPlay e poi su Rai 3

Supervisionata da Daniele Vicari e Andrea Porporati e diretta da cinque giovani registi formatisi alla Scuola Volonté, "Zona protetta" racconta le storie di alcuni ragazzi tra i 18 e i 23 anni cresciuti in case famiglia.

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Dal 28 giugno in anteprima su RaiPlay e dal 7 luglio su Rai 3 in terza serata, arriva Zona Protetta, docu-serie (in 10 episodi da 25 minuti ciascuno) diretta dai giovanissimi registi Giulia Cacchioni (1994), Chiara Campara (1987), Giulia Lapenna (1996), Giansalvo Pinocchio (1997)e Pietro Porporati (1996). È una coproduzione Rai Fiction – Kon-Tiki Film, prodotta da Andrea Porporati, Daniele Vicari e Francesca Zanza. Scritta da Paola Pannicelli Andrea Cedrola, con la supervisione artistica di Andrea Porporati Daniele Vicari, le musiche sono di Teho Teardo.

I protagonisti di Zona Protetta si chiamano Vanessa, Blessing, Mahmoud, Khansaa, Nicoletta, Andrea, Maria Sole, Marta, Sharon, Diana, Pia, Youssef: sono giovani tra i 18 e i 23 anni con vite difficili che li hanno portati a crescere dentro Case-Famiglia, che sono diventate le loro zone protette.

Per chi come loro viene da situazioni complicate, da famiglie talvolta assenti o, ancor peggio violente, avere la possibilità di trovare un luogo dove essere accolti e accuditi significa salvezza. Ma, nonostante questa opportunità, crescere non è facile, non si può spazzare via il proprio passato con un colpo di spugna. Sono ragazzi che dalla società vengono considerati “problematici” se non addirittura “irrecuperabili”.

Zona Protetta racconta le storie di questi ragazzi, attraverso la loro voce. I protagonisti, grazie all’interazione con registi poco più grandi di loro, invisibili sullo schermo, danno vita a narrazioni uniche, sofferte, contorte ma anche piene di energia ed entusiasmo.

Le Case-Famiglia che la serie esplora si trovano a Orte, Santa Severa, Subiaco, Ancona e Bolzano. Luoghi dove i giovani protagonisti incontrano educatori, psicologi, assistenti sociali che, attraverso un percorso a volte doloroso, li aiutano a trovare la loro strada un dialogo continuo fatto di scambi quotidiani in cui ognuno dà e riceve qualcosa.

Le esperienze di psicoterapia e recupero nascono all’interno di comunità che si ispirano al lavoro e alla teoria di Marco Lombardo Radice e di alcuni professionisti che hanno seguito le sue orme, in particolare Tito Baldini, il cui motto è “se dai ciò di cui il ragazzo ha veramente bisogno, con attenzione alla sofferenza dell’anima e alla sua cura, i miracoli sono possibili.

Paola Pannicelli, Andrea Cedrola, Andrea Porporati e Daniele Vicari dichiarano: Zona Protetta rappresenta l’ideale prosecuzione della docu-serie del 2019 Boez. Andiamo via (prodotta da RAI Fiction e Stemal Entertainment), in cui sei ragazzi dal passato drammatico, usciti dal carcere o da una comunità, iniziano un percorso a piedi che li porterà da Roma a Santa Maria di Leuca in Puglia, assistiti da una guida escursionistica e da un’educatrice”.

Anche per Zona Protetta, spiegano i quattro, “ci si è avvalsi della supervisione dello psicoanalista Tito Baldini che ha prestato la sua consulenza per conto della Società Psicoanalitica Italiana, mettendo a disposizione un’esperienza decennale di lavoro con “ragazzi al limite”, giovani che la società ancor oggi tende purtroppo a considerare irrecuperabili e che hanno forse soprattutto bisogno di esprimere pienamente il senso della propria difficile esperienza“.

E proseguono: “Per riuscire nell’intento di mettere a loro agio davanti alla telecamera i nostri protagonisti, abbiamo deciso di scommettere su una troupe di loro coetanei, giovanissimi professionisti formatisi nelle migliori scuole di cinema del Paese. A partire dai registi e dalle registe: tutti ragazzi che se da una parte hanno già avuto l’occasione di dimostrare il proprio talento, dall’altra per la prima volta si son messi alla prova con una dimensione “industriale”. Cacchioni, Campara, Lapenna, Pinocchio e Porporati nel corso di più di un anno hanno lavorato fianco a fianco con gli interpreti della serie e con i loro educatori e responsabili, costruendo un funzionale “spazio” di dialogo“.

Un’impostazione che, concludono, “ha consentito da una parte di poter narrare, sia pur con discrezione e delicatezza, storie talvolta di lacerante dolore; dall’altra di preservare intatta tutta la fiduciosa e scanzonata spontaneità dei vent’anni“.