Borodyanka in Ucraina è stata una delle prime città ad essere colpita dai bombardamenti russi all’inizio del conflitto ucraino. La giovane regista moldava Alexandrina Turcan ha realizzato un cortometraggio documentario, We Want to Live Here, prodotto da Sean Penn, sui bambini della città dopo più di un anno dall’inizio di una guerra che sta distruggendo le famiglie insieme agli edifici e a tutto un sistema di vita quotidiana che ormai pare, soprattutto per più piccoli, un miraggio lontano, ricordo di un mondo ordinario diventato un sogno.
Sean Penn
Dopo aver realizzato il suo film documentario, Superpower (2023), presentato alla Berlinale 2023, sugli eventi che accaduti in Ucraina a partire dal 2021 con l’ascesa del presidente Volodymyr Zelenskyy e sull’invasione russa del Paese da parte di Putin, Sean Penn ha continuato a sostenere nel cinema progetti che diffondano una più approfondita conoscenza del conflitto attualmente ancora in corso. “Quando Sean Penn ha visto il corto, gli è piaciuto molto – racconta la regista Alexandrina Turcan – Ha voluto aiutarmi, era orgoglioso di mettere il suo nome come produttore di questo lavoro”.
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We Want to Live Here
We Want to Live Here offre un sottile sguardo sulla vita quotidiana dei bambini a Borodyanka, in Ucraina, a un anno dall’invasione russa. La forza dello spirito ucraino è raccontata attraverso gli occhi di tre bambini, diversi tra loro ma uniti da una comune esperienza di paura e dolore. L’effetto tangibile della guerra su di loro emerge attraverso le conseguenze emotive e le ferite che ha inflitto.
Le parole della regista Alexandrina Turcan

“Volevo andare in Ucraina per vedere la guerra con i miei stessi occhi. All’inizio della guerra si parlava molto dei bambini che avevano lasciato il Paese, ma quelli che erano rimasti conoscevano la verità della guerra, così ho cercato di trovarli e di parlare con loro. Fanno parte di famiglie che hanno scelto di non partire. In molte famiglie sono rimaste solo donne, perché gli uomini sono sul fronte di guerra, per questo ho cercato di parlare con ragazzi maschi, perché la guerra li coinvolge in maniera più forte anche quando hanno solo 10 anni, proprio per questa idea di mascolinità che diventa anche qualcosa di spaventoso per loro. I tre ragazzi protagonisti del corto in particolare si sono molto lasciati coinvolgere da questo progetto e con loro si è creata una connessione speciale. Hanno interessi diversi, ma ognuno di loro aveva qualcosa di speciale da raccontare”.