L’uscita del precedente trailer del suo nuovo film era stato un piccolo evento in sé stesso, ma con l’arrivo de I peccatori di Ryan Coogler (Fruitvale Station, Creed e i due Black Panther) abbiamo la doppia possibilità di scoprire un’opera intrigante. In primis sullo schermo, dove il film è arrivato il 17 aprile – distribuito da Warner Bros Italia – e poi qui di seguito, con il racconto dello stesso regista, incontrato ‘a distanza’ per parlare del Vampire Movie che vede protagonista Michael B. Jordan in un “una delle sue migliori interpretazioni“, come detto nella recensione.
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In attesa di scoprire cosa sarà della carriera del regista dopo l’accordo di 5 anni con la Disney (e del progetto sulla serie sul Wakanda), le sue ultime dichiarazioni parlano del possibile reboot di The X-Files, un sogno di qualche anno fa che sembra esser tornato in cima all’elenco dei futuri impegni del filmmaker, almeno stando a quanto detto al Last Podcast on the Left (“Ci sto lavorando, sarà il prossimo film… Se non combiniamo qualche pasticcio, alcuni episodi potrebbero spaventare a morte la gente“)
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Per ora, lo abbiamo sentito concentrarsi su questo nuovo Sinners, da lui definito “Fluido” quanto a genere di appartenenza, per quanto la presenza dei vampiri sembri caratterizzarlo in maniera determinante. “È unico – dice Ryan Coogler – ci sono i vampiri, ma c’è davvero molto più di questo. È solo uno dei tanti elementi. Penso che vi sorprenderemo“.
Un progetto molto personale per lei, perché?
Molto personale, ma ogni volta che ho avuto la fortuna di realizzare qualcosa, è sempre stata la cosa più personale che avessi mai fatto, e questo film non fa eccezione. Mio nonno materno è del Mississippi e mio zio James, che è morto mentre stavo finendo Creed, anche, eppure non ero mai stato nel Mississippi. Con mio zio James ho avuto un rapporto molto stretto e Sinners nasce da quel rapporto. Lui ascoltava sempre blues, parlava del Mississippi solo quando ascoltava quella musica, che ha avuto un profondo impatto sulla mia vita. Ho avuto l’opportunità di scavare nella mia storia con questo film ed è stato davvero gratificante, oltre che molto divertente.
Lo ha definito “fluido”, un film che fonde più generi, ci sono state altre ispirazioni e influenze?
Sì, mi sono ispirato a tantissimi film, dai fratelli Coen di A proposito di Davis e Fargo a Robert Rodriguez e il suo The Faculty, che è una sorta di remake di La cosa, uno dei miei film preferiti, sicuramente il mio film horror preferito. C’è molto Carpenter nel film, ma l’influenza maggiore, a dire il vero, viene dal romanzo “Le notti di Salem” di Stephen King. E a livello più profondo, anche da Ai confini della realtà di Ron Serling, e dal mio episodio preferito, quello intitolato “L’ultimo rito di Jeff Myrtlebank“.
C’è anche molto della storia afroamericana, avete fatto ricerche specifiche o aveva basi e conoscenze per affrontare l’argomento?
Il film è stato oggetto di ricerche approfondite. Ci siamo impegnati molto per assicurarci che l’unica “finzione” del film fosse quella relativa al soprannaturale. Volevamo che il contesto fosse estremamente reale. Durante quella fase abbiamo fatto un percorso nel blues di quell’epoca, di quella regione, e siamo andati anche al club dove suonava BB King nell’Indiana. È stato molto divertente.
La quinta volta che lavorate insieme con Michael B. Jordan, che rapporto avete?
La cosa più rara sta nel fatto che siamo cresciuti insieme nel mondo dello spettacolo. Mike era un attore a tempo pieno da bambino, quindi l’ho incontrato dopo che aveva già recitato in alcuni spettacoli e film, ma per quanto riguarda il ruolo da protagonista nei lungometraggi, sai, la sua prima esperienza è stata nel mio film d’esordio. Possiede un mix incredibile di talento e carisma, ma è anche un artigiano. Si prende cura di quel che fa e cerca costantemente di migliorarsi, di mettersi costantemente alla prova. È davvero unico trovare qualcuno così.
Che ormai sembra essere per lei quello che Robert De Niro o Leo DiCaprio sono diventati per Martin Scorsese…
È interessante come la maggior parte dei registi hanno collaboratori con i quali finiscono per lavorare molto. Tutti i miei registi preferiti hanno questo tipo di rapporti e questo rende le cose più facili. È difficile fare un film, ma quando hai qualcuno con cui si crea un feeling, qualcuno che ti capisce, con il quale quasi non ti sembra di lavorare è tutta un’altra cosa. E poi ha contato quello che abbiamo passato entrambi con la perdita di Chadwick Boseman, ci ha fatto apprezzare di più le cose e impegnarci ancora di più.