A tratti un dramma, a tratti una commedia, a tratti un thriller. C’è una curiosa unione di generi in Muori di lei, il nuovo film di Stefano Sardo (qui il trailer) con protagonisti Maria Chiara Giannetta, Riccardo Scamarcio e Mariela Garriga, che apre a diverse letture e cambi di prospettiva. Una storia sul desiderio, sulla famiglia e sul lockdown, in cui i ruoli di vittima e carnefice si ribaltano, un po’ come in una staffetta, durante la quale commedia e tragedia si passano più volte il testimone. «La vita è una tragedia vista in primo piano, ma una commedia in campo largo», ripete, non a caso, uno dei protagonisti di questa storia, il professore di filosofia Luca Messico (Scamarcio) ed è proprio da qui che siamo voluti partire nella nostra intervista con il cast.
La vita come tragicommedia
«Per me la vita è commedia e tragedia, senza soluzione di continuità. Dipende da come ti poni a guardarla» ci spiega Stefano Sardo. «La nostra è una generazione non equipaggiata alle tragedie storiche: le viviamo con poca serietà in maniera inadeguata, non sappiamo prevederle. Per questo, quando arrivano, abbiamo l’istinto di gestirle con ironia e sottostima. Il ché può essere anche sbagliato, ma è un modo di vivere che riscontro in tutte le persone che conosco. Cercare di ironizzare sui guai della vita è per certi versi salutare, per altri limitante».
In Muori di lei la tragedia ha il nome di Amanda (Mariela Garriga). O meglio, è il suo arrivo come vicina di casa di Luca e Sara (Maria Chiara Giannetta) a scatenarla. Ma, di nuovo, parliamo veramente di tragedia? O di una sana scossa nella vita di una coppia assopita dall’arrivo della pandemia? Questi dubbi hanno convinto Mariela Garriga, attrice cubana con esperienza internazionale (tra cui gli ultimi due capitoli di Mission Impossibile), ad accettare la sceneggiatura di Sardo. «Mi piacciono tantissimo i film che non sai come andranno a finire» racconta a Ciak, «e questo è un film pieno di sfumature sulla vita e sulla psicologia umana. L’arco che fa il personaggio di Amanda è molto interessante. Inoltre, ho imparato molte cose che non conoscevo sul corpo femminile, dall’ovaio policistico alla fecondazione assistita».
Il lockdown
Muori di lei non è un film prettamente sul lockdown, piuttosto si serve del lockdown come elemento “scatenante” per bilanci e riflessioni personali. Lo abbiamo affrontato tutti, nessuno escluso, e tutti ne ricordiamo gli effetti. Anche a distanza di cinque anni. «Fare un film ambientato nel lockdown è stato un modo per fare terapia e cercare di ricordare come abbiamo vissuto quel periodo assurdo, che il cinema preferiva non raccontare» spiega Sardo. «Mi sono immaginato che dentro il lockdown potevano accadere cose a livello privato molto interessanti. Io personalmente l’ho rimosso, ho cercato di guardare avanti con la sensazione che la vita non era più così lunga». «A me il lockdown ha cambiato la percezione del tempo» racconta Scamarcio. «Durante quei mesi il tempo si è dilatato, avevo la sensazione che i giorni fossero più lunghi. Sono passati cinque anni, ma sembra ieri». Concetto condiviso anche da Maria Chiara Giannetta: «È difficile dimenticarsi quel periodo, anche se uno ci prova, perché inconsciamente si è innestato in ognuno di noi, in modo diverso, in base all’età che abbiamo e in base a quello che facciamo. Non avere il comando sul proprio tempo è frustrante e la pandemia ce l’ha dimostrato».