Il successo è arrivato grazie alla musica, ma è il cinema che occupa nel cuore di Mika un posto speciale, da sempre, fin da piccolo quando a otto anni cantava in italiano, grazie all’Opera. “Non avevo i mezzi per conoscere la vostra lingua in profondità, non conoscevo Tenco, De André, Mina, o almeno li conoscevo solo superficialmente, però il cinema italiano lo conoscevo, da fan – racconta. – Questa è la prova che il vostro cinema offre una possibilità di dialogo universale, esploso dal dopoguerra, dai dialoghi di Fellini, alla perfezione formale di Visconti, alla poesia anarchica, brutale e favolosa di Pasolini, fino a oggi in Guadagnino e Sorrentino”.
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Mika il 7 maggio lei sarà sul palco del teatro 5 di Cinecittà per presentare la serata dei David di Donatello insieme a Elena Sofia Ricci. Qual è stata la sua prima reazione appena è arrivata la proposta?
Era in viaggio per andare in Canada quando mi hanno chiamato per chiedermi se fossi interessato e naturalmente quale fosse la mia conoscenza del cinema italiano. L’idea mi ha subito entusiasmato, anche perché per me è un onore che l’abbiano chiesto a uno che non è italiano e che non lavora nel cinema, pur essendone un grandissimo fan.
È la dimostrazione che è giusto chiamare un artista come lei per i David e creare un mix tra mondi, perché il cinema è accusato talvolta di essere troppo autoreferenziale.
Il che è ironico perché la forza del cinema è proprio il suo dialogo universale. Già Carlo Conti ha fatto una cosa bellissima, ha trasformato lo show dei David di Rai Uno in qualcosa di adatto per il pubblico largo, pur non lavorando in quell’ambiente. Nemmeno io sono di casa, quindi sarà perfetto per me omaggiare il vostro cinema.
E cosa sta preparando per farlo?
Puntiamo molto sul legame fra il cinema e altre discipline per avere dei momenti di poesia, di empatia e commozione con il pubblico a casa ed essere comunque al servizio delle persone che omaggeremo.
Si farà ispirare dall’esperienza degli Oscar?
No gli Academy Award statunitensi sono una cosa un po’ differente, io preferisco il rigore dei Bafta, ma secondo me l’italianità è la forza dei David, altrimenti si corre il rischio di snaturarli.
Le premiazioni rischiano sempre di essere un po’ piatte a livello televisivo
Per questo è importante il lavoro della squadra, così come l’energia e la complicità fra i conduttori, senza Elena Sofia non l’avrei mai fatto. E poi c’è la location, siamo nel Teatro 5 di Cinecittà, nel tempio del sogno, la nostra responsabilità è di provocare questa voglia di osare e sognare, portare i giovanissimi a sognare che un giorno potranno esserci loro su quel palco.
Cosa rappresenta un premio per un artista?
Io ho un solo sogno, quello di innamorarmi abbastanza di un pub per potergli regalare i miei premi e trasformarli nelle maniglie per la birra alla spina.
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Ah ecco
(ride di gusto…) La realtà è che sono ossessionato dai premi che non ho vinto.
E quanti sono?
Un sacco.
Sempre meno di quelli che ha vinto
Ne ho vinto uno la settimana scorsa e mi sono sentito un po’ come la zucca in Cenerentola quando si è trasformata in carrozza di cristallo, sempre in attesa della mezzanotte per ridiventare la zucca.
Vuol dire che ha mantenuto ancora lo stupore e l’incanto degli inizi?
Lo chiamerei più complesso di inferiorità, ma fai tu.
Allora punto più all’incanto. Qual è il film italiano che le ha cambiato la vita?
Novecento di Bernardo Bertolucci, ho avuto la possibilità di creare una bella amicizia con lui negli ultimi anni della sua vita, andavo spesso a trovarlo a casa con sua moglie. Ma anche Roma città aperta di Fellini. Sono l’esempio della forza e della poesia del neorealismo che nei momenti di sopravvivenza nel dopoguerra ha avuto una forza ancora più impattante.
Dall’anno prossimo l’Oscar potrà essere assegnato anche a un film realizzato con l’intelligenza artificiale, che ne pensa?
La considero una provocazione, mettere in discussione un tema che è già mediatizzato e renderlo ancora più polemico è un gesto molto pericoloso. Perdiamo tanta energia su questa cosa invece di parlare di altri temi.
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Quest’estate torna in Italia in tour con quattro date a Umbria jazz, No Borders, Este Music e Anfiteatro Vittoriale.
In realtà non è un tour vero e proprio, canterò in Festival particolari, volevo dei palcoscenici dove poter dialogare con il pubblico italiano in una maniera più interessante, posti che provocanoqualcosa di diverso. Prima del prossimo album in inglese, era importante avere questo dialogo profondo con il pubblico italiano che non vedevo da un po’.
Il pubblico sarà felice di ritrovarla in prima serata su Raiuno
Faccio televisione quando mi piace il progetto che mi propongono e posso fare qualcosa di divertente o poetico. Lo svantaggio è che non ci sono sempre progetti così, dico molti no, ma quando ci sono delle opportunità così belle non vedo l’ora di farle.