Premio Strega nel 2019, Antonio Scurati, scrittore, giornalista e docente universitario, ha acquisito piena notorietà a partire dal primo dei suoi cinque romanzi dedicati alla vita di Benito Mussolini. M. Il figlio del secolo è ora l’originalissima serie TV in onda su Sky dal 10 gennaio, diretta da Joe Wright (Orgoglio e pregiudizio, 2005; L’ora più buia, 2017; Espiazione, 2007) e interpretata da Luca Marinelli nei panni del dittatore fascista, alla cui sceneggiatura Scurati ha contribuito, ma non senza qualche iniziale perplessità, che lo stesso autore ha voluto chiarire.

Durante il processo di adattamento del suo romanzo alla serie TV M. Il figlio del secolo, curato da Stefano Bises (Gomorra – La Serie, The New Pope, ZeroZeroZero, Speravo de morì prima) e Davide Serino (1992, 1993, Il Re, Esterno Notte), Scurati – che si definisce un “fiancheggiatore esterno alla scrittura” – racconta di aver dovuto affrontare sfide e timori. L’autore confessa di essere stato inizialmente scettico in merito ad alcune scelte creative, come il bilanciamento tra tragedia e commedia e il rischio di rendere Mussolini un personaggio troppo empatico, cosa invece del tutto funzionale alla narrazione anche secondo il regista Wright.

“Ho molto dubitato riguardo ad alcuni aspetti fondamentali, come il tono – spiega Scurati – La ricerca del tono giusto era fondamentale e decisiva per un racconto del genere e volevo evitare assolutamente che Mussolini fosse dipinto come un personaggio comico o mostrato in tutta la sua forza di seduzione“.
Dal libro alla serie
“Durante la scrittura del libro – spiega ancora l’autore – mi sono sforzato di cercare una forma letteraria nuova per evitare di generare nel lettore empatia con il personaggio principale, mi sono proibito tutta una serie di procedure romanzesche, come dialoghi fittizi, personaggi fittizi, l’introspezione. Non volevo che il lettore empatizzasse con lui, non volevo che ne venisse sedotto e volevo assolutamente evitare che Mussolini risultasse un personaggio da commedia, perché sono convinto che il fascismo sia stata una tragedia, una terribile tragedia, e che continui a stendere la sua ombra tragica su di noi”.
Durante la fase di adattamento dal libro alla serie M. Il figlio del secolo Scurati ha però cominciato a nutrire alcune perplessità rispetto ad un cambio di rotta da parte degli sceneggiatori proprio su questi aspetti per lui fondamentali. “Ad un certo punto della scrittura del copione di fronte a questi aspetti di commedia bilanciati da quelli di tragedia, io ho dubitato. Avevo il timore che si scivolasse troppo in quella direzione e questo è stato più forte dell’entusiasmo per il progetto stesso. Ho detto: ‘No, su questa strada non vi seguo, non voglio riconoscerlo’”.
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L’errore
Tuttavia, lo stesso autore aggiunge poi scherzosamente: “La cosa che mi ha più sorpreso è che alla fine io abbia avuto torto, cosa che accade molto di rado”. Così Scurati riconosce con entusiasmo il merito degli sceneggiatori e del regista nell’essere riusciti, al di là delle sue paure, a realizzare un’opera artistica potente ed equilibrata. “Devo invece riconoscere alla fine che era la strada giusta, che avevano ragione Stefano Bises e Davide Serino – ammette Scurati – Quando ho visto il risultato sullo schermo sono rimasto abbagliato e ammirato ed ero contento che le mie preoccupazioni abbiano creato qualche esitazione in più, ma non siano state motivo di ostacolo”.
“Lo ribadisco – sottolinea Scurati – da quando ho visto la serie M. Il figlio del secolo, sin dal primo episodio, non ho avuto più nessun dubbio che si trattasse di una potentissima, magnifica realizzazione artistica. Il tono è miracolosamente trovato in un equilibrio difficilissimo tra tragico e comico”.
L’accoglienza da parte del pubblico
Per quanto riguarda l’accoglienza della serie M. Il figlio del secolo da parte degli spettatori, con ancor più fermezza Scurati aggiunge poi di aver molta fiducia nel pubblico. “Credo che si debba avere fiducia nel pubblico, porca miseria! Non possiamo continuare a trattare il pubblico come un minorato mentale o come un eterno adolescente. La maggior parte dei prodotti cinematografici si rivolgono all’eterno adolescente globale, ma io sono convinto che bisogna avere fiducia, parlare ad un pubblico adulto, e questo linguaggio così contemporaneo che racconta una storia di 100 anni fa arriverà forte e potente dove deve arrivare!”.
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