Le assaggiatrici inaugura il Bif&st 2025, «una storia vera di coraggio e sopravvivenza»

A Bari l'anteprima del film di Silvio Soldini tratto dall’omonimo bestseller di Rosella Postorino, ispirato alla storia dell’ultima assaggiatrice di Hitler

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Le assaggiatrici

Una storia vera, agghiacciante, emozionante e delicata al tempo stesso, Le Assaggiatrici di Stefano Soldini, tratto dal fortunato romanzo omonimo di Rosella Postorino (Feltrinelli) e prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi con Anteo, Lumière & Co, Vision Distribution, Sky, Tarantula e Tellfilm, ha inaugurato il Bif&st 2025al cinema dal 27 marzo.

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Durante la Seconda Guerra Mondiale, Rosa (Elisa Schlott) scappa da Berlino verso un paesino al confine orientale, dove vivono i suoceri, mentre il marito è al fronte. Scopre che nella foresta confinante si nasconde il quartier generale di Hitler, la Tana del Lupo, ma prima di poter ragionare sul da farsi, una mattina all’alba viene prelevata dalle SS insieme ad altre donne scelte per assaggiare i cibi destinati al Führer, in modo da assicurarsi che non siano avvelenati.

Rosa, insieme alle altre del villaggio, non può fare altro che eseguire gli ordini e sperare di non morire ad ogni pasto. La condizione condivisa porta le donne ad allearsi, costruire amicizie e patti segreti e per Rosa, la situazione si complicherà ancora di più.

La vicenda riporta la storia originale di Margot Wölk, unica superstite tra le 15 assaggiatrici, che ha rivelato quanto le è accaduto soltanto nel 2013. «Mi sono chiesta spesso perché abbia mantenuto il segreto per tutto questo tempo», riflette Postorino. «Quando ho cominciato a immaginare il mio romanzo, le ho scritto una lettera, volevo andare a conoscerla a Berlino, ma intanto lei è morta senza avere il tempo neanche di leggere la mia richiesta. Così, ho ipotizzato che si sentisse in colpa, provasse una forma di vergogna e anche di responsabilità e questo non le ha consentito di parlare fino ad appena 12 anni fa. Era complicato, una volta finita la guerra, confessare di aver lavorato per Hitler, anche se costretta».

Le Assaggiatrici è il secondo film dell’anno che riprende una storia persa e poi ritrovata grazie a un romanzo, dopo Il treno dei bambini di Cristina Comencini tratto dal libro omonimo di Viola Ardone.

«Purtroppo, il rapporto tra il mondo attuale e quello del film è diventato più intimo man mano che il nostro lavoro prendeva forma», riflette Soldini. «Con qualche accorgimento e cambiando le divise, questo film potrebbe essere girato tra 20 anni senza troppa difficoltà. Questo fa pensare. Il personaggio di Rosa mi ha attratto da subito per la sua complessità interiore. Lei è una donna sola, i suoi genitori sono morti, il fratello è scappato in America da anni, il marito è in guerra. Arrivata nel paesino in cui dovrebbe salvarsi, la sua roulette russa comincia. Il tempo è un elemento fondamentale per la storia, che cambia le dinamiche, i pensieri e le emozioni».

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Il film, costato 6 milioni di euro, ha avuto una gestazione difficile: interrotto prima dall’arrivo della pandemia e poi dalla guerra in Ucraina, che ne ha impedito le riprese nel reale paesino della vicenda, Gross-Partsch. Il tempo, però, è stato fondamentale anche per la lavorazione della stessa storia: prima ancora di uscire nelle sale, il film è stato venduto in più di 50 Paesi, tra cui l’America e la Germania, e il 10% delle copie saranno distribuite in versione originale sottotitolata per restituire allo spettatore l’autenticità della vicenda nella sua interezza.

«Era importante che tutti, dai reparti agli attori, fossero i più veri possibili sul set», conclude Soldini. «All’interno di questa forma simmetrica che ho dato alle inquadrature, volevo che ci fosse della vita reale. Attraverso i rapporti che intessono le donne vengono fuori una serie di sfaccettature e si riesce a seguire un racconto che non riguarda soltanto Rosa, ma tutte, perché lentamente escono dei frammenti di vita anche delle altre. Ho sempre cercato di guardarle come un gruppo unico senza soffermarmi di più su una o sull’altra perché l’intero racconto potesse sembrare vero agli occhi dello spettatore, com’è vera la storia che lo ispira».