Tecla Insolia (L’arte della gioia) e Carlotta Gamba (Gloria! e Dostoevskij) sono giovanissime, ma sono già due volti noti del cinema. Insieme sono ora affiatate protagoniste di un film sull’amicizia, l’amore e una doppia forma di dipendenza: L’albero, esordio di Sara Petraglia, prodotto da Andrea Barbagallo per Bibi Film, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024 e in sala dal 20 marzo con Fandango, è appunto la storia intima di due ventenni, Bianca e Angelica.
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Insolia e Gamba incarnano due studentesse la cui amicizia diventa una specie di “incontro con il destino, di quelli che cambiano la vita”, dice la regista e sceneggiatrice in una conversazione con Ciak.
L’albero, la storia
Bianca (Tecla Insolia) lascia la casa dei genitori per studiare in una facoltà che in realtà non frequenta mai, e va a vivere con Angelica (Carlotta Gamba), vera ossessione della sua vita insieme alla cocaina. Le due ragazze stringono un legame profondo e totalizzante e insieme alla dipendenza dalla droga sviluppano anche una dipendenza l’una dall’altra.
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La regista Sara Petraglia
“La loro è una vera amicizia, una di quelle che somigliano all’amore, ma quando ci si mettono di mezzo le sostanze le cose possono cambiare molto”, spiega Petraglia che racconta di aver trovato in Tecla e Carlotta le interpreti perfette per una storia così autobiografica. “Era fondamentale per me avere due attrici di talento, perché il film si regge tutto su di loro. Carlotta e Tecla sono state un po’ come un’epifania. Tra loro si è creata un’inaspettata sintonia che ci ha unite molto e ora sono convinta che nessun’altra avrebbe potuto interpretare questo film”.
C’è poi ne L’albero qualcosa che accomuna ogni generazione di ventenni, al di là dell’epoca, che Petraglia spiega così: “È la sensazione di stare vivendo un momento bellissimo e al tempo stesso triste perché fuggevole, come una sorta di nostalgia anticipata”. Una nostalgia che si ritrova anche nel titolo, L’albero: “Quando vivevo al Pigneto fuori dalla mia finestra osservavo sempre un pino che svettava solitario tra i palazzi, era un’immagine che mi incantava, che ha continuato poi ad ossessionarmi fino a portarmi a scrivere questa storia vera ed è diventata il centro simbolico del film”.