Sicilia, 1993. Ludovica (Ambra Angiolini) è una subacquea che ha visto andare in fumo i suoi sogni nel modo più tragico possibile. Rimasta sola e con troppi debiti da ripagare alla mafia, è obbligata a prelevare un misterioso carico da una nave sommersa dal nome Afrodite. Trasferita a forza in un rifugio isolato a ridosso del mare, la donna dovrà convivere con Sabrina (Giulia Michelini), la sommozzatrice che l’aiuterà sott’acqua, e con il suo compagno Rocco (Gaetano Bruno), un affiliato della malavita. Entrambe le donne inizialmente non si piacciono, si osservano con diffidenza, ma presto capiranno di avere molto in comune.
Afrodite, presentato in concorso Meridiana al Bif&st 2025, è un film diretto da Stefano Lorenzi, che a Bari ci ha raccontato la genesi di questa storia: “Mentre facevo le ricerche per la serie Mediaset L’Ora – Inchiostro contro piombo, con Claudio Santamaria, ho scoperto un breve articolo che raccontava come degli inquirenti avessero scoperto che i vari attentati mafiosi del biennio 1992 -1993 avevano tutti la stessa matrice di tritolo, e non riuscivano a capire da dove veniva, fino a quando scoprirono che durante la seconda guerra mondiale era affondata una nave vicino allo stretto di Messina, che si chiamava Laura C. In acqua il tritolo se non detonato si mantiene per tanti anni, e alcuni pescatori andavano a recuperarlo per la mafia. L’ho trovata un’idea interessante, e da lì ho iniziato a fantasticare e pensare a quello che volevo raccontare, la rinascita di un mondo femminile. Ho cambiato il nome alla nave, ho avuto l’intuizione che Afrodite fosse il nome giusto da dargli, stavo facendo una riscrittura non un documentario, è una mia reinterpreazione della vicenda. Questo film ha come sfondo la Storia, la mafia, che conosciamo tutti, ma io volevo raccontare una storia piccola, quotidiana, fatta di personaggi minori”.
Afrodite infatti narra la vicenda di due donne vittime in modi diversi, prigioniere delle circostanze della vita che le ha portate a sacrificare la propria libertà, e solo quando sono in acqua sono davvero loro stesse. “C’è una scena del film in cui Ludovica e Sabrina si immergono in un relitto e quando cominciano a risalire è come se venissero partorite dal relitto, sono legate da un cordone ombelicale, rinascono con una nuova identità, con una nuova consapevolezza, con un amore, un sentimento universale, che va al di là del sesso”.

Sabrina è interpretata da Giulia Michelini che ci ha raccontato così il suo personaggio: “Lei è prigioniera di questo mondo in cui vive, attorniata da questo patriarcato, da questa forte mascolinità, si adegua, prende la forma del contenitore in cui viene inserita perché probabilmente non sa neanche cosa c’è fuori, l’arrivo di questa figura femminile dall’esterno le cambia i parametri, la fa sentire unica da un certo punto di vista, cerca di uscire da questo suo microcosmo e inseguire una sua libertà”.
Dopo essere stata per anni il boss Rosy Abate nell’omonima serie Mediaset, Giulia Michelini si ritrova ad interpretare un personaggio a margine della mafia, un ingranaggio in parte inconsapevole delle sue azioni: “Era interessante far parte delle briciole che poi muovono l’ingranaggio intero, perché poi questi piccoli vassalli sono quelli che muovono questo sistema perverso, sicuramente è un corollario rispetto a quello che è il film, però è molto importante come vengono raccontate queste vite a lato, perché sono molto isolate e ignoranti da un certo punto di vista”.
Ma Afrodite parla anche di amore, quello che sboccia tra Ludovica e Sabrina, che non ha una definizione univoca, e va al di là dell’attrazione fisica: “È un incontro di anime, Ludovica e Sabrina sono il detonatore di questo tritolo – ci ha spiegato l’attrice – loro si trovano, si scoprono e vanno avanti in questo canto di libertà che le riguarda singolarmente ma anche in coppia. Io sono convinta che nella vita sia così, tra uomini, tra donne, che ci sia prima un incontro di anime. Tantissime volte mi capita di incontrare delle donne di cui mi innamoro in questo senso. Il film è un inno all’amore, alla libertà e alla coscienza di sé”.
Un ruolo che ha messo Michelini a dura prova fisicamente avendo dovuto, insieme ad Ambra Angiolini, prendere il brevetto subacqueo, una vera e propria sfida: “È stato complicato stare nei tempi per fare tutte le immersioni sia in piscina che in mare aperto, facevo le prove nel lago di Bracciano, e purtroppo ho preso un batterio e una polmonite bilaterale, mi hanno ricoverato a un mese dall’inizio delle riprese del film. Mi hanno proibito di fare immersioni, rischiava di saltare il film, ma mi sono messa buona a fare gli esercizi, a prendere l’antibiotico e sono riuscita a superare la crisi. Ho combattuto tanto perché questo progetto mi attirava per tutto questo aspetto subacqueo, ma avevo paura, ho sofferto di attacchi di panico, ma sono stata aiutata dagli istruttori, dal regista. E alla fine è stato stupendo”.
LEGGI ANCHE: Un passo alla volta, Fabi, Silvestri e Gazzè al Bif&st: «Noi, rappresentanti di una generazione»