Miglior Film al Festival di Cinema Fantastico di Sitges e vincitore del Premio del Pubblico al TIFF di Toronto, nel 2019, il film d’esordio di Galder Gaztelu-Urrutia era stato una bella sorpresa il pubblico. Che oggi non può che esser lieto di tornare nella terribile “fossa”, dove è ambientato anche Il Buco – Capitolo 2, con il quale si arricchisce la storia di uno dei film spagnoli più popolari della storia di Netflix (con oltre 82 milioni di visualizzazioni), dove il film sarà disponibile a partire dal 4 ottobre. A cinque anni di distanza, dunque, l’incubo continua, questa volta con un cast nel quale spiccano Natalia Tena (la Osha del Popolo Libero delle prime stagioni de Il trono di spade), Hovik Keuchkerian (Bogotà nella terza e quarta stagione della Casa Di Carta), Óscar Jaenada (Luis Miguel: The Series) e Milena Smit (Madres paralelas), diretti ancora dallo stesso regista, qui anche produttore e – con David Desola, Pedro Rivero ed Egoitz Moreno – sceneggiatore.
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IL FATTO:
Mentre all’interno della ‘Fossa’ un misterioso leader impone il proprio dominio, un nuovo “inquilino” viene coinvolto nella lotta contro il controverso metodo trovato per sopravvivere e opporsi al brutale sistema di alimentazione imposto dall’alto. Ma quando mangiare dal piatto sbagliato diventa una condanna a morte, fino a che punto saresti disposto a spingerti per salvarti la vita? E come te, in quanti?
L’OPNIONE:
“Voglio la mia pizza!” urla Hovik Keuchkerian sin dal trailer, ed è una delle scene che più rimane impressa tra le prime immagini che sembrano anticipare una replica del Buco del 2019 nelle premesse e nei punti salienti… Un ritorno nell’inferno dal quale pensavamo di esser fuggiti, ma sul quale rimanevano ancora molte curiosità. Non quelle cui risponde questo Secondo capitolo, ancora più violento – e per certi versi insensato – dell’altro.
O forse solo più arduo da accettare. Per quanto detto e per alcune deviazioni tra il simbolico e il visionario, che in passato si erano limitate a una sorta di sublimazione finale, ma che qui appaiono piuttosto superflue e si aggiungono alle domande che in parte – e solo in parte, non ci si illuda – sembrano trovare risposta dopo la prima ora di racconto. Dopo il momento più violento, orribile e disturbante.
L’apice, in un certo senso, della parabola costruita sin dall’inizio, con la divisione in ‘lealisti’, ‘unti’ e ‘barbari’ della popolazione della Fossa post ‘Rivoluzione Solidale’, un sistema chiuso nel quale vige un equilibrio fondato su missioni punitive dette “pacificazioni” e regolato da leggi che tutti sono chiamati a rispettare e far rispettare (su tutte il divieto del cannibalismo e del consumo del cibo dei morti, possibile “fonte di discordia”). Chi per fede – in un cosiddetto “hidalgo“, o Maestro, il Messia di turno – chi per paura dello strano figuro auto-nominatosi tutore di una legge che norma ogni cosa, a tutti i costi.
Una deriva che sembra superare il sogno di organizzazione etica che nel primo film auspicava il Goreng di Iván Massagué (presente anche nel cast del secondo insieme a Zorion Eguileor, a voi scoprire perché) e che qui appariva realizzata. Un’altra allegoria sociale, insomma, o un tentativo di offrirne un punto di vista complementare che in qualche modo si collega a quanto già visto nel precedente. Del quale questo non ha il fascino né il magnetismo (inevitabilmente, mancando l’elemento sorpresa), né la sintesi o la coerenza, e che per quanto si impegni a rispettarne ritmo e tono finisce per dare l’impressione ricevuta dai sequel del Cube – Il cubo al quale è facile ripensare, e non solo per la sensazione di claustrofobia.
Asparagi con maionese, lasagna, pizza, torta tiepida di cioccolato con zucchero di cocco, uovo fritto con patatine, insalata vegana con grano spezzato e curcuma, prugne, gamberi all’aglio, cannelloni, maiale agrodolce, crocchette di prosciutto, paella, riso alla cantonese, costata al pepe…
Tra infiniti menu e prove di forza, teste volanti e massime da ricordare (“Nessuno rispetta una legge che permette la disuguaglianza“), si disegna una popolazione di coscritti in guerra con il mondo e prigionieri di se stessi – e dunque senza speranza – che però faticano a rendere credibili le proprie motivazioni, dentro e fuori dalla finzione, a noi spettatori, A modo nostro persi in tutt’altri ‘buchi’ e in attesa di tornare liberi da una storia dalle ottime premesse e con un personaggio principale interessante, coraggiosa nel cercare sviluppi alternativi e complessi, ma forse più affascinata dal quadro generale che preoccupata di dare corpo e caratterizzazione a figure anche importanti come quella dell’antagonista o del compagno di piano della suddetta Natalia Tena, inizialmente promettenti. Ed è esemplare in tal senso lo psicopatico violento-genio deluso dalla razionalità, per altro per motivi poco comprensibili, (soprattutto ai matematici, che chissà se condivideranno le sue perplessità sui numeri immaginari), a meno di non voler suggerire l’ennesimo rimando in questo caso alla capacità dell’immaginazione di torturarci…
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Ovviamente il primo capitolo, Il buco che tanto abbiamo citato e che ancora – e sempre più – merita la visione, ma anche un film con il quale questa accoppiata condivide molti aspetti come Cube – Il cubo, in attesa di una possibile ‘Origin Story’ da sviluppare in un terzo capitolo.