Bif&st 2025, Nanni Moretti si racconta in (quasi) 10 capitoli

Nanni Moretti incontra il pubblico, si racconta e riceve il premio "Bif&st Arte del Cinema"

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Oscar Iarussi e Nanni Moretti Bif&st 2025
Oscar Iarussi e Nanni Moretti

Il secondo giorno del Bif&st è stato innanzi tutto nel segno di Nanni Moretti. Al regista il Festival dedica la prima retrospettiva completa dei suoi film e oggi, al termine della proiezione di Ecce Bombo, il film che lo ha lanciato nell’ormai lontanissimo 1978, il direttore artistico del Festival barese, Oscar Iarussi, gli ha dedicato un incontro al Petruzzelli con il suo pubblico.

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Nanni Moretti, colpito dalla quantità di persone accorse ad ascoltarlo al Bif&st 2025, ha scelto di raccontare, “in dieci capitoli” (ai quali alla fine ne mancheranno due, che deciderà di depennare durante il racconto perché sarà andato oltre coi tempi) la sua carriera dagli esordi fino ad oggi.

L’inizio in Super 8

Oggi è più facile esordire con un cortometraggio, si può girare addirittura dal cellulare. Io agli inizi giravo senza negativo, se la pellicola originale si strappava non c’era nulla da fare. Ho cercato più volte di propormi come aiuto-regia, siccome nessuno mi ha accettato, sono passato direttamente alla regia. I primi due corti li ho presentati alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1973, che non si svolgeva sul Lido ma sulla terraferma. Mi aggiravo con il proiettore, le pizze e un amplificatore e proiettai i lavori, alla fine della proiezione ho chiesto se ci fossero domande, nessuno ha risposto. Da lì è nato il trauma che mi ha portato all’urlo ‘No al dibattito!’”.

Tre cose all’inizio mi sono venute naturali, che pensavo mi sarei portato per sempre dietro: parlare del mio ambiente politico, sociale e generazionale, prenderlo in giro e non stare soltanto dietro la cinepresa ma anche davanti più che come attore come persona. Da sempre, non seguo i gusti del pubblico, ma racconto il mio mondo”.

La regia

Spesso le mie esperienze di spettatore hanno influenzato le mie scelte da regista. Mi piacevano molto i fratelli Taviani, che non illudevano lo spettatore proponendo una narrazione onesta, di finzione, che non si sostituiva alla realtà. Nella mia vita ho imparato a fare sempre di necessità virtù, così anche nella regia e cominciai a girare con la macchina da presa fissa, in effetti in passato ero un po’ rigido, ma sapevo di poter realizzare film anche con i miei pochi mezzi”.

Sceneggiatura

Sono stato a casa dei miei fino a 29 anni e la sera registravo vicino alla radio i dialoghi che ascoltavo e mi interessavano. Ero abituato ad informarmi sempre sulle trame prima di guardare un film, non lo feci per La signora della porta accanto di François Truffaut, dopo ho dato maggior peso alla sceneggiatura che prima sviluppavo poco, ho cominciato a scrivere anche con altri sceneggiatori e adesso i dialoghi che scriviamo li leggo ad alta voce, perché hanno bisogno di vivere perché possa capire se alcune frasi suonano false o troppo letterarie. Infatti, Palombella rossa che ho scritto da solo, aveva una sceneggiatura povera, che era poco più che un canovaccio, mentre da La stanza del figlio in poi la sceneggiatura è diventata solida e dettagliata”.

La recitazione

Ho sempre coinvolto mio padre in ogni mio film, fino a che non è morto. Doveva avere sempre un piccolo ruolo. Aveva talento senz’altro più di me come attore. Ho cominciato facendo recitare amici e parenti, una scommessa che poi mi sono portato dietro nel tempo.  In passato, però, ero poi distaccato nei confronti degli attori, oggi sono più vicino a loro.  Sento più affetto e solidarietà nei loro confronti, prima le percepivo solamente come delle pedine di un gioco che orchestravo”.

Produttore

Mi piaceva produrre gli esordienti per restituire a loro un pezzetto della fortuna che avevo avuto grazie ai miei film e soprattutto grazie al pubblico. Inizialmente non avevo capito che attraverso una mia casa di produzione avrei avuto accesso ad altre possibilità, come quella di girare qualsivoglia cosa mi interessasse e poi deciderne che farne, fino alla costituzione di un mio festival e alla costruzione di un mio cinema”.

Critica

Chiunque può dire del nostro lavoro qualsiasi cosa, io non replico mai”.

Il pubblico e i miei film

C’è un’identificazione assoluta da parte del pubblico tra i miei personaggi e la mia persona tanto che il fatto che in Bianca, nonostante alla fine ci sia una confessione lunga del protagonista al commissario in cui dichiara di essere l’assassino, molto del pubblico non accetta che sia io davvero il colpevole, convincendosi comunque che sia il mio vicino di casa”.

Musica

Io fino ad adesso mi sono riferito solamente a due musicisti per le mie colonne sonore Franco Piersanti e Nicola Piovani. Mi piace molto assistere alla registrazione delle musiche e non capisco i registi che seguono il missaggio. Noi abbiamo fortuna di fare un lavoro che sognavamo da ragazzi e va fatto con tanta cura e attenzione, dedicandogli tempo e lavoro in ogni suo aspetto”.

Il Cinema Nuovo Sacher

Ho voluto aprire il mio cinema stando dentro all’industria per proporre delle pellicole che altrove erano introvabili. Oggi per fortuna il sistema è cambiato e le sale sono più interessate anche al cinema d’essai”.

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