Adolescence, la storia e i suoi perché al di là del piano sequenza

La miniserie britannica Netflix, disponibile dal 13 marzo, riserva molte sorprese al di là della sua peculiare tecnica di ripresa

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Owen Cooper e Stephen Graham, Adolescence trailer
Owen Cooper e Stephen Graham, Adolescence

Sta molto facendo parlare di sé la nuova miniserie Netflix Adolescence, attualmente prima nella classifica delle serie tv più viste sulla piattaforma, soprattutto per la tecnica con cui è stata girata. Ciascuno dei quattro episodi che la compongono infatti è stato realizzato con un unico piano sequenza, ossia un’unica ripresa, senza soluzione di continuità, per tutti i 50/60 minuti che lo compongono.

Ma la verità è che la serie riserva aspetti di originalità che vanno al di là di questa singolare e impegnativa modalità di ripresa. Si tratta di scelte narrative obbligate dall’unità di tempo e spazio imposta dalle riprese, ma anche di una scrittura originale per un crime, in cui non importa tanto il chi e il come, quanto soprattutto il perché.

Adolescence

Stephen Graham, Adolescence
Stephen Graham, Adolescence

Adolescence è una miniserie britannica diretta da Philip Barantini, ideata dallo sceneggiatore Jack Thorne (Wonder, 2017; Enola Holmes 1 e 2) e dall’attore Stephen Graham (Venom: The Last Dance, 2024; Blitz, 2024; Modì – Tre giorni sulle ali della follia, 2024), che ne è anche interprete e che aveva già precedentemente lavorato con il regista Barantini in Boiling Point – Il disastro è servito (2021).

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Senza timore di fare alcuno spoiler si può da subito dire che la storia di Adolescence ruota tutta attorno all’omicidio di una adolescente, Katie, commesso da un suo compagno di scuola tredicenne, Jamie. È un fatto che viene svelato senza troppo mistero sin dal primo episodio, che si svolge quasi interamente nella centrale di polizia dove Jamie viene portato all’indomani dell’omicidio.

Unità di tempo e spazio

Dal momento che sin dal principio era stato scelto di girare ogni episodio in un unico piano sequenza, va da sé che l’intera scrittura della storia ha risentito della necessità di dare un’unità di tempo e spazio ad ogni episodio. Ciò significa che per la durata dei suoi 50/60 minuti vediamo esattamente ciò che è accaduto in sequenza in quell’arco temporale della storia: quasi niente di ciò che è successo prima (ad eccezione di un brevissimo video delle camere di sorveglianza mostrato a Jamie) e nulla di ciò che accade subito dopo. Il racconto di ogni episodio quindi si compone dei movimenti e dei dialoghi dei personaggi che agiscono in quel determinato tempo, relativamente breve, e in quegli spazi, relativamente circoscritti.

Il racconto di Adolescence si può dire dunque che procede per capitoli: l’arresto di Jamie; le indagini dei due ispettori di polizia nella scuola dei ragazzi a tre giorni dall’omicidio; il colloquio di Jamie con la psicologa nel centro di detenzione minorile a sette mesi dall’arresto; e 13 mesi dopo l’epilogo finale con la famiglia del ragazzo.

Quindi la domanda è: se sappiamo già chi è l’assassino e il nostro desiderio di scoprire sempre più dettagli sull’omicidio è vincolato a pochi, circoscritti episodi della storia, cosa di questa serie ci tiene davvero incollati allo schermo?

Dal chi e come al perché

Il vero punto di forza di Adolescence, al di là della singolare tecnica di regia, un esercizio di stile che certamente merita attenzione per l’enorme dispiego di ingegno che ha richiesto, e della eccezionale abilità dei suoi interpreti, è proprio il fatto che mette di fronte ad una questione umanamente assai più cruciale, una domanda inquietante che ogni omicidio violento ci induce a porci: perché?

Owen Cooper, Adolescence
Owen Cooper, Adolescence

Sin dal primo episodio ciò che ci cattura, complice anche la sua rappresentazione realistica che fa immergere nel racconto come se girassimo direttamente nei suoi ambienti e osservassimo da vicino ogni suo personaggio, è la necessità di capire perché mai un ragazzo di 13 anni, apparentemente sano, diligente a scuola, affettuoso in famiglia e cresciuto in un ambiente del tutto ordinario, abbia potuto uccidere a coltellate una sua coetanea. Più in generale, ciò che vogliamo sapere di ogni atto di rabbia incontrollata e violenza disumana è: da dove viene il male che lo ha generato?

Episodio dopo episodio Adolescence ci conduce nel mondo di Jamie, in quell’universo di bullismo adolescenziale, o meglio nell’incubo del cyberbullismo da cui è nata anche l’etichetta di incel (“celibe involontario”). Ma anche di fronte a tutto questo la nostra inquietudine non sembra trovare pace, capiamo che una vera risposta non c’è. Solo alla fine comprendiamo che la vera ragione del male da cui scaturisce questa storia sta proprio nella sua banalità, perché il male ha livelli di incomprensibilità sorprendentemente assurdi, anche e soprattutto per un giovane adolescente.

ADOLESCENCE | TRAILER