Ognuno di noi ha nel cuore un âmomento magicoâ di una pellicola dove tutto funziona alla perfezione e che ci ridà quel âgusto del cinemaâ che a volte sembra perduto. Raccontateci le vostre sequenze âperfetteâ
DI PAOLO MEREGHETTI

Basta che funzioni. Il titolo di uno dei capolavori di Woody Allen riassume perfettamente il rapporto ideale tra spettatore e film (e libro e canzone, e quadro e tutto il restoâ¦). Non saprei trovare formula migliore quando, saltabeccando tra i troppi inutili canali televisivi (e non mi riferisco solo a quelli in chiaro) mi capita di fermarmi su una scena che ho già visto venti o trenta volte ma che sa ancora una volta farmi sognare per un paio d’ore o giù di lì. Che si tratti di Un dollaro d’onore, quando Angie Dickinson deve mettersi in calzamaglia perché quel vecchio orso arruffato di John Wayne le dichiari il suo amore minacciandola di arrestarla se si presenta così in pubblicoâ¦o di Notting Hill quando Hugh Grant non ancora «cazzone avariato » deve fare il giro degli interpreti di un improbabile film di fantascienza inventando le più assurde domande sull’argomento⦠o di Un americano a Roma quando Alberto Sordi torna a casa di notte e si prepara un pasto da abitante di Kansas City a base di mostarda, latte e marmellata⦠tutte queste volte – e tante altre ancora – mi viene da pensare che la formula alleniana del «basta che funzioni » racchiude in sé il segreto più profondo del piacere cinematografico.

Niente sensi di colpa, niente ambizioni o pretese di sembrare originale o intelligente ma solo il piacere di uno spettacolo che sappia farmi sognare a occhi aperti e mi aiuti a ritrovare nel cinema quell’incanto (dell’intelligenza, del cuore, della mente, degli occhi, della pancia) che è la ragione vera – e ultima – per cui continuo a divertirmi davanti a un film. Certo, proprio come insegna il film di Woody Allen (un altro di quelli che sono disposto a vedere e rivedere), quello che «funziona » per uno può non andar bene per gli altri, ma l’occasione estiva mi spinge a condividere (se non proprio a proporre) alcuni di quei momenti magici che mi sento di consigliare per ritrovare quel «gusto del cinema » che a volte sembra svanito per sempre. Per esempio Pippo Franco impiegato comunale che in Che cosa è successo tra mio padre e tua madre di Billy Wilder deve timbrare una serie di fogli colorati per permettere finalmente il trasferimento della salma: un momento di pura genialità comica – all’interno di un film deliziosamente perfetto – dove invenzione e misura (non c’è un’alzata di sopracciglio o un movimento di mignolo di troppo) dimostrano che anche un comico altrove non proprio impeccabile può toccare la perfezione assoluta.

Oppure Michael Caine nei panni del baffuto e impacciato ispettore di Gli insospettabili di Mankiewicz quando si diverte a mettere in ridicolo la supposta superiorità di Laurence Olivier affermando placidamente che il caviale che sta mangiando in fondo ha il sapore delleâ¦uova di pesce. O quando Alberto Sordi in Accadde al commissariato, vestito di una gonna plissettata, rivendica di fronte a uno stralunato Nino Taranto i titoli e i meriti della casata dei Tadini e la sua eroica capacità di resistente: «Io ho fatto la guerra: sul fronte interno, naturalmente, il più pericoloso⦠Io ho resistito alla fame e alla sete⦠ho resistito al freddo e al caldo⦠Io, signor commissario, sono un eroe della resistenza! ». O la serie infinita di disastri e distruzioni che Hrundi V. Bakshi compie all’inizio di Hollywood Party, offrendo a Peter Sellers uno dei suoi ruoli più grandi di sempre, capace di tener testa – e non è poco – ai tre ruoli che Kubrick gli affidò nel Dottor Stranamore: il capitano Lionel Mandrake, il presidente americano Muffey e  il consigliere di origini tedesche che dà il titolo al film. E le vostre scene che «funzionano » quali sono?