Inserito nel concorso del Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma 2024, e realizzato a partire da una sceneggiatura scritta con il proprio figlio Edward, lo Spirit World del regista di Singapore Eric Khoo (12 Stories, My Magic, Tatsumi) è forse uno dei titoli più interessanti di questa edizione. E non solo per la presenza della sempre magnetica Catherine Deneuve – qui affiancata dagli attori giapponesi Masaaki Sakai e Yutaka Takenouchi – quanto per il racconto di un viaggio intenso e malinconico che acquista importanza e universalità via via che si sviluppa, e che promette di portare gli spettatori letteralmente all’altro mondo.
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IL FATTO:
Claire Emery è stata una diva di livello internazionale, ma il tempo passato e un grande dolore personale l’hanno ormai fiaccata e lei stessa non si sente più quella di una volta. L’occasione per scuotersi dal rischio della depressione è data dall’ingaggio per il grande ritorno organizzato in un concerto da tutto esaurito a Osaka, in Giappone. Dopo lo spettacolo, però, mentre si sta rilassando in un bar locale, da sola, la leggendaria cantante ha un malore e muore. Inaspettatamente, scopre un mondo parallelo e la possibilità di una nuova vita inaspettata nel mondo degli spiriti, dove sarà guidata da Yuzo, uno dei suoi più grandi fan e padre di Hayato, un giovane regista in crisi creativa.
L’OPINIONE:
Per chi non lo conosceva, l’Obon è la festa giapponese delle lanterne: un breve lasso di tempo – durante l’estate – durante il quale si ricordano i propri defunti e vivi e morti hanno la possibilità di incontrarsi, o almeno questo aspetto di una delle ricorrenze più affascinanti di quel Paese è quello sul quale si concentra il nuovo film di Eric Khoo e che sfrutta per immaginare un mondo degli spiriti, parallelo a quello nel quale ci muoviamo e nel quale si sviluppa il viaggio di Catherine Deneuve e Masaaki Sakai attraverso il Giappone e in cerca di una catarsi che possa donare loro la pace eterna.
Un viaggio che pure inizia da una premessa piuttosto semplice, utile a legare insieme i tre personaggi principali del film (in attesa che si aggiunga Jun Fubuki, nel finale) e ad accompagnare il regista nella realizzazione del suo sogno ‘Ai confini della Realtà‘, visto che proprio Khoo dichiara la sua passione per la storica serie tv sci-fi e palesa la volontà di ibridare la sensibilità per l’Aldilà – già mostrata nei precedenti Mee Pok Man e Ramen Shop – con le suggestioni offerte dalla particolarissima tradizione nipponica di Ferragosto (che a molti ricorderà il Dia de los Muertos messicano più che il nostro 2 novembre) e dalle Good Vibrations della West Coast dei Beach Boys.
Il tutto – e altro – sintetizzato in una storia nella quale è difficile non vedere un accenno alla piaga dell’alcolismo tanto diffusa in Giappone e un pizzico di autoreferenzialità paternalistica nei confronti della figura dell’artista, del genio creatore, spesso messo in crisi dalle esigenze del mercato. Una sorta di tour di riscoperta e pacificazione, a tratti ingenuo, ma tenero, e raccontato con grande grazia e ricchezza.
Nel quale l‘approccio diaristico iniziale favorisce sicuramente la caratterizzazione del personaggio della Deneuve, ma spesso sono le immagini mute e l’espressività dei due uomini con i quali la diva si accompagna a creare l’atmosfera che regala agli spettatori di questo Spirit World uno spazio (temporale, ma non solo) nel quale galleggiare, restare sospesi, ognuno in cerca della propria voce, come fanno anche i protagonisti.
Secondo i due Khoo, nel film, vivi e morti continuano a condividere la pena costruita nel corso della propria esistenza terrena, ma la novità rassicurante è che la speranza non muore conla fine della vita, i nostri cari non smettono di (pre)occuparsi di noi e di sostenerci, fino al raggiungimento di un equilibrio in vita più che in vista di una supposta e da troppi fantasiosamente vagheggiata felicità celeste. La malinconia e il garbo che ammantano la vicenda diventano una consolazione per le nostre faticose quotidianità oltre che, grazie anche alla fotografia di Adrian Tan, la cornice ideale per le interpretazioni – perfettamente calibrate e orchestrate – degli attori in scena e per l’affettuosa interazione dei loro personaggi.
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Siamo su piani completamente diversi, eppure per ambientazione, sfumature e ritmi perché non pensare a una sorta di trilogia orientale accompagnando questo film a due splendidi titoli – tra i migliori degli ultimi anni – come il Perfect Days di Wim Wnders e il Past Lives con il quale nel 2023 Celine Song esordì alla regia: due storie nelle quali passato e presente si intrecciano per aprirci al futuro e che ruotano intorno a rapporti personali e sentimentali molto profondi.