HomeFestivalFesta del Cinema di Roma 2024Polvo Serán, Ángela Molina e il musical sul fine vita

Polvo Serán, Ángela Molina e il musical sul fine vita

L'attrice è protagonista dell'interessante film di Carlos Marques-Marcet

Girato in parte anche in Alto Adige e premiato come miglior film della sezione Platform all’ultimo TIFF – Toronto International Film Festival, dal concorso della Festa del Cinema di Roma 2024 emerge uno strano film, che “attraverso la commistione dei generi, dalla commedia al dramma passando per il musical, cerca di avvicinarsi alle emozioni della vita e al mistero insondabile della morte“, come dice il suo regista e sceneggiatore Carlos Marques-Marcet. Ma Polvo serán è soprattutto una grande storia d’amore, tra Ángela Molina (Gli abbracci spezzati, Baarìa) e Alfredo Castro (El Club, Post Mortem, El Conde), protagonisti in un cast completato da Mònica Almirall Batet (figura di spicco del gruppo teatrale Atresbandes), Patrícia Bargalló e Alván Prado.

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Parlando del processo di scrittura – realizzato dallo stesso regista con Clara Roquet (già regista di Libertad e co-sceneggiatrice di Creatura e Que nadie duerma) e Coral Cruz (Uno para todos), Giovanni Pompili di Kino Produzioni ha rivelato come l’esperienza della coppia del film nascesse da quella di una vera famiglia: “era un processo sul quale avevamo iniziato a lavorare, quasi di metacinema, che poi per un problema di salute abbiamo dovuto abbandonare – ha detto il produttore svelando l’origine proprio delle parti cantate e dei balletti. – Poi Carlos, Clara e la Cruz hanno ristrutturato tutto la struttura drammaturgica del film inserendo anche i momenti musicali, che sono assolutamente organici, nei momenti di debolezza, di caduta, da parte della protagonista. Ma tutto veniva da una esperienza reale“.

 

Polvo Seràn, trama

Le vite di Claudia e Flavio sono intrecciate da così tanto tempo che nessuno dei due è in grado di concepire la propria esistenza senza l’altro. Quando Claudia, a cui è stato diagnosticato un male incurabile, decide di recarsi in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito, Flavio stabilisce di seguirla in questa scelta. Nel momento in cui però i figli, tornati a casa, scoprono le intenzioni della coppia, i sentimenti e i non detti di sempre tornano a galla, e in famiglia esplodono le tensioni. Divisi tra la lealtà verso il proprio amore e la difficoltà di far comprendere agli altri le proprie scelte, Claudia e Flavio si confrontano con il bilancio di una vita, da chiudere insieme. 

Polvo Seran Angela Molina

Il film è stato definito un musical sul fine vita, ma che altro?
CMM: È la prima definizione che viene in mente, e per me può essere un modo per sintetizzarlo, ma ho qualche problema con questa definizione, più che altro perché non corrisponde al processo che è stato realizzarlo. Per me era qualcosa che aveva a che fare con l’avvicinarsi alla fine della vita, ma non necessariamente con il dolore dell’altro. Se vedete documentari sul suicidio assistito, la cosa più strana non è tanto la cosa in sé ma che si possa decidere il giorno in cui andarsene, ha qualcosa ci comico pensare di scegliere un giorno piuttosto che un altro perché hai la palestra o vuoi vedere un film. Per questo il film punta soprattutto a farci domande, su quel momento e su come avvicinarci a quel momento. Per altro il punto di partenza è stato molto reale, perché ne avevo parlato con una coppia di amici che avevano intenzione di farlo. Non avrei mai pensato di farne un musical, piuttosto, ma poi, durante il lavoro di ricerca preliminare, la musica è diventata un modo per avvicinarsi a un tema così difficile.

Un dramma che va oltre il sentire di Claudia, ma coinvolge tutta la famiglia
ANGELA MOLINA: Claudia prende quella decisione per avere la facoltà di decidere, prima di non potere più farlo, prima di diventare un peso ancora peggiore per la sua famiglia o di aspettare la prossima volta in cui sarebbe caduta, o peggio. Si sente costretta a decidere della propria vita, in un certo senso, sentendo la responsabilità di non provocare altra sofferenza ai suoi cari. Quello che non immaginava, però, era che suo marito l’avrebbe voluta accompagnare. Lì nasce il dolore più grande, il conflitto impossibile da risolvere, perché ognuno nella famiglia lo vive in un modo diverso, e nessuno, a parte il padre, sembra comprendere o voler rispettare la sua decisione, accettarla… Non è possibile. Sappiamo che l’amore è più forte della morte, però…

C’è rabbia, paura e dolcezza, ha potuto identificarsi in una donna tanto contraddittoria?
Devi trovarti vicino a certe realtà, a quegli stati d’animo, la sorpresa… Come la prima volta che mi hanno detto che avevo preso il Covid. Non c’entra troppo, ma il discorso è legato al tema. Ero sul set di un altro film e mi sono sentita come invasa dall’angoscia, ho provato un sentimento di impotenza che non potevo controllare e respiravo male. Ho fatto un lavoro di riconversione, diciamo, e ho pensato che Claudia, avendo un appuntamento preciso con la morte, volesse mostrare tutto il suo amore ai suoi cari. Al punto di apparire egoista, o di esserlo in qualche modo. Ma sono tutte questioni che non possiamo conoscere.

Per questo il regista l’ha definito un film molto vitale, che non parla di morte, ma che vuole trasmettere il desiderio di vivere meglio, una storia d’amore in fondo?
Sì, è un film che parla più di amore che di morte, di famiglia, di questi legami eterni, e della dignità che ognuno di noi deve avere nelle sue mani. In questo siamo tutti uguali. E, come dice Costa Gavras, “se si può fare anche con un sorriso, meglio“.

Con Costa Gavras ha lavorato in Le dernier souffle, dove interpretava un personaggio che ha qualche punto di contatto con questa Claudia, o no?
Di base, quello è una specie di poema scientífico-filosofico, ma il personaggio è diverso. Io credo che ci siano tanti modi di morire quante persone ci sono al mondo, che ognuno ha un modo di morire diverso, a seconda della propria coscienza e del proprio spirito, che andrebbe accompagnato nella maniera migliore possibile, con consapevolezza, ma senza dolore o dispiacere, cercando di vivere fino in fondo, fino alla fine, almeno io penso questo. Quanto al personaggio della matriarca gitana, mi piace che sia una furba, che non dice niente alla sua gente, che non sanno che sta per morire, perché mente a tutti e se ne va in allegria, per evitare agli altri il dolore e salutarli con gioia.

 

Polvo Seran Carlos Marqués-Marcet (ph. Lluís Tudela)
Carlos Marqués-Marcet (ph. Lluís Tudela)

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