Pesaro 60 omaggia Adriano Aprà

Il critico cinematografico e storico animatore della Mostra è stato ricordato il 21 giugno con la proiezione di "Rossellini visto da Rossellini" e "Olimpia agli amici", il libro "Fragole e sangue. C'era una volta la Nuova Hollywood (1969-1979)" e gli interventi di numerosi critici e registi.

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«Mi ha insegnato che del cinema si parla col cinema, si deve avere il rigore dell’analisi dentro il cinema», dice Federico Rossin, tra i tanti critici il cui percorso è stato segnato dall’incontro con Adriano Aprà (venuto a mancare lo scorso aprile a 83 anni), parlando di quest’ultimo durante l’omaggio riservatogli il 21 giugno dalla 60ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival.

E un esempio di questo indagare e capire la settima arte attraverso brani di sé stessa ci viene offerto proprio all’inizio della mattinata presso il Cinema Astra, con la proiezione di un documentario (o meglio “critofilm”) firmato da Aprà nel 1993, Rossellini visto da Rossellini (e il pomeriggio si è riscoperto l’Aprà regista con Olimpia agli amici). Dove il mostro sacro del cinema italiano è raccontato attraverso passaggi selezionati non solo dei suoi (grandi) film, ma anche delle interviste al cineasta. Che in frasi come «il mestiere che bisogna imparare è quello di uomo» o «A regazzi’, il nero nasconde bene lo sporco» (battuta pronunciata dal padre commentando i fascisti in marcia su Roma) offre già emblematiche chiavi di lettura del suo percorso.

«Rossellini è stato una musica che ha accompagnato tutta la nostra vita insieme, a volte anche in una maniera un po’ ossessiva», afferma la studiosa Stefania Parigi durante l’incontro (moderato dal direttore di Pesaro 60 Pedro Armocida), ricordando come “rosselliniano” fosse inoltre «l’entusiasmo per le nuove tecnologie» del marito Aprà, per il quale, prosegue, la Mostra pesarese «è stata in qualche modo una casa, un luogo dell’anima, da cui partiva per la sua scoperta del cinema nuovo e sperimentale».

E alla Pesaro del 1979 risale la rassegna da cui ha origine il libro Fragole e sangue. C’era una volta la New Hollywood (1969-1979), presentato alla presenza dei due autori Patrizia Pistagnesi e Claver Salizzato nel corso del tributo pesarese al critico. Che, rammenta la prima, «era anche il miglior correttore di bozze al mondo, molto rigoroso ed esigente», e il cui ultimo scritto fin qui pubblicato è proprio la prefazione al volume (ma stava lavorando anche a un testo su Carl Theodor Dreyer). «Gli piaceva polemizzare, gli piaceva la dialettica», aggiunge Salizzato, secondo cui il libro rappresenta «una memoria», al punto che «potrebbe anche intitolarsi Il posto delle fragole».

Poteva ispirare un certo timore reverenziale, Aprà, come ammettono colleghi e collaboratori quali Rinaldo Censi e Bruno Di Marino: «Avevo paura, non riuscivo ad avvicinarmi ad Adriano», confessa il secondo a proposito della sua iniziale timidezza di fronte a «uno dei più grandi esperti di cinema sperimentale». Che però non manteneva distanze accademiche, anzi «odiava la parola maestro». E Rossin ne descrive affettuosamente anche «la ieraticità “sfingesca” che si scioglieva in un sorriso» e il suo non essere stato «mai vittima di mode culturali».

«Per me Adriano era soprattutto Pesaro», spiega dal canto suo Giacomo Ravesi, rimarcandone il contributo agli orizzonti della critica ipermediale e della video saggistica. E si definisce «toccato dalla grazia di Adriano che ha saputo vedere nei miei film qualcosa di interessante» il regista Mauro Santini, il cui lungometraggio d’esordio Flòr da Baixa non convinse inizialmente Aprà. Che in seguito però si ricredette scegliendolo per il progetto Fuorinorma a Pesaro nel 2016: «Quasi scusandosi», racconta Santini, «per non averlo capito subito: un grande segno della delicatezza e della capacità di una grande persona», in grado di «criticare anche sé stesso».