Al termine della Seconda guerra mondiale un gruppo di donne attiviste del Partito Comunista Italiano organizzò un’iniziativa solidaristica che unì per la prima volta le famiglie del sud con quelle nord d’Italia, si chiamavano “treni della felicità” e consentirono ad oltre 70.000 bambini meno abbienti di essere ospitati per alcuni mesi in settentrione per ricevere cibo e cure. Tratto dall’omonimo romanzo best seller di Viola Ardone, Il treno dei bambini di Cristina Comencini, presentato alla 19ª Festa del Cinema di Roma, racconta la storia di uno di questi piccoli, che partì da Napoli e trovò accoglienza al Nord. Il film, che vede Serena Rossi e Barbara Ronchi interpreti di un amore materno verso lo stesso bambino, sarà dal 4 dicembre su Netflix con la partecipazione anche di Stefano Accorsi.
Il treno dei bambini, trama
È il 1946, Amerigo (Christian Cervone) ha otto anni, vive in condizioni di estrema indigenza con sua madre Antonietta in una Napoli uscita devastata dalla guerra. Quando Antonietta (Serena Rossi) prende l’amara decisione di mandarlo al Nord da una famiglia che possa dargli le cure e il cibo che lei non può più permettersi, Amerigo conosce un mondo e una vita che non aveva mai immaginato. Accolto da Derna (Barbara Ronchi), inizialmente riluttante all’idea, con lei crea un rapporto delicato e riesce ad integrarsi perfettamente in quel mondo che seppur rurale gli offre comunque opportunità che non avrebbe mai potuto cogliere a Napoli.
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Le parole di Cristina Comencini
Il treno dei bambini racconta una porzione di storia assai poco nota, ma singolare nel percorso italiano del dopoguerra. “In pochi conoscono questa storia eroica, forse perché coinvolge bambini e donne, classiche figure messe da parte – racconta Cristina Comencini alla presentazione del film a Roma – Inoltre la storia si colloca in quei due anni di grande slancio dopo la guerra che vide l’Italia unita da Nord a Sud. È la storia di come noi siamo stati e può forse anche dire quello che potremmo essere”.
“Noi siamo stati quell’Italia solidali, siamo stati quell’Italia in cui partivano treni per creare accoglienza, mentre oggi partono navi per creare separazione, deportazione e ingiustizia. La guerra era appena finita, questa era una cosa che poteva essere fatta e quindi fu sentita come una cosa da fare”, aggiunge l’autrice Viola Ardone.
“Ho cercato di lavorare molto sulla credibilità della storia – continua Comencini – insieme con gli altri sceneggiatori, Furio Andreotti, Giulia Calenda e Camille Dugay, abbiamo cercato di restituire il libro in termini di realtà, molto attenti a rendere il film molto autentico, nonostante la difficoltà di dover lavorare con tanti bambini”.
Serena Rossi
Le famiglie si fidarono, ridotte in condizioni di estrema indigenza consegnarono il dono più prezioso che avevano, i figli, per ricevere solidarietà e in questo modo misero in contatto due Italie che si conoscevano ancora poco. Serena Rossi interpreta proprio una di quelle madri che coraggiosamente scelsero di mandare i propri figli al Nord, ma la storia narrata nel libro e nel film le appartiene anche da un punto di vista personale. “Mia nonna – racconta l’attrice – è stata una di quei bambini. Trascorse tre mesi a Modena da una famiglia che la accolse e ancora oggi ottantenne, come fosse ancora una bambina, racconta che quel periodo rappresenta la vera infanzia della sua infanzia. Per me il coinvolgimento è veramente enorme”.
“Raccontare questa mamma così lontana e diversa da me, una madre molto dura, incapace di un qualsiasi gesto d’affetto per non averne mai ricevuti lei per prima, per me è stato difficile e mi sono affidata completamente a Cristina. Il suo però è il gesto d’amore più grande di tutti: lasciar andare un figlio verso la vita e non costringerlo alla sopravvivenza”.
Barbara Ronchi
“Derna è una donna che non si aspettava di avere questo bambino – spiega poi Barbara Ronchi – Non pensava di essere inadatta al ruolo di affido che le viene dato e invece naturalmente nasce una amicizia con questo bambino che fa breccia nel suo cuore”.
Il treno dei bambini si avvale anche delle musiche del premio Oscar Nicola Piovani che, nonostante negli ultimi tempi abbia scelto di non dedicarsi molto ad un cinema che sente troppo cambiato, racconta: “Quando capitano occasioni miracolose come questa, sia sul piano drammaturgico che emotivo, sono felicissimo, perché musicare storie come queste è uno dei lavori più belli. Mi viene in mente la potente bravura di queste due attrici, Barbara Ronchi e Serena Rossi, che interpretano due personaggi molto diversi e lontani ma accumunati dal sentimento di maternità. Per scrivere la musica non bisogna poggiarsi su calcoli intellettualistici o strategici, ma sulle emozioni e qui ce n’erano in abbondanza”.