«Scopriamo una fiammela, il nostro lavoro è farla diventare fuoco»: così Savina Neirotti, Head of Programme di Biennale College Cinema (al via il 30 agosto al Lido), sintetizza lo scopo di questa “bottega d’arte” cinematografica della Biennale. Che, lanciata nel 2012, ogni anno seleziona 12 progetti di filmmaker alla loro opera prima o seconda, per arrivare a 4 lungometraggi interamente sostenuti dal College con un “micro-budget” (attualmente 200.000 euro) e presentati in prima mondiale alla Mostra di Venezia.
Un percorso produttivo e formativo da cui sono usciti titoli premiati nel mondo come Beautiful Things, The Cathedral e il candidato all’Oscar 2021 per il Lesotho It’s Not a Burial, It’s a Resurrection. Stavolta il quartetto è composto dal ghanese The Fisherman di Zoey Martinson (il 30 agosto), dall’ungherese Jánuar 2 di Zsófia Szilágyi (31 agosto), dall’italiano Il mio compleanno di Christian Filippi (1 settembre) e dall’ucraino Honeymoon di Zhanna Ozirna (2 settembre). Facendo di questo spazio l’unica sezione di Venezia 81 dove le registe donne prevalgono sugli uomini (3 a 1).
«Il College», spiega Neirotti, a Ciak, «non nasce con l’idea di trovare il nuovo modo di fare cinema per il futuro, ma offre una possibilità». L’elemento chiave è «la relazione tra il regista e il produttore creativo: sono le due figure che selezioniamo perché abbiamo in mente un rapporto fertile di scambio tra loro, tenendo insieme le esigenze artistiche e i limiti reali. Se il dialogo si tiene vivo, si possono fare questi miracoli che sono lungometraggi di qualità in 10 mesi e con 200.000 euro!».
Determinante, prima di arrivare alle sceneggiature, è il workshop iniziale nell’isola di San Servolo: «Arrivano tutor da Paesi diversi, mettiamo insieme tante esperienze, menti e soprattutto domande. Le domande rendono tutto più complesso, ma anche più nitido».
L’approccio infatti è socraticamente «maieutico», accompagnando gli autori in un percorso che metta a fuoco la loro visione. Definendo anche quali progetti sarebbero meglio valorizzati dal budget e dal tempo offerto, come Honeymoon, giocato tutto in un interno per parlarci della guerra in Ucraina dal punto di vista di due giovani amanti. Ed è l’occasione di scoprire voci da territori poco visibili come il Ghana in The Fisherman: «Un aspetto notevole», sottolinea Neirotti, «è che si tratta di una commedia fantasy con un pesce parlante, è il film più “mainstream” che abbiamo!».
Proprio con quest’ultimo film (in Sala Giardino alle ore 11 per gli accrediti stampa e industry e alle 17 per il pubblico e tutti gli accreditati) prende il via la selezione di quest’anno: al centro c’è il pescatore Atta Oko, molto legato alle tradizioni della sua cultura. Dovrà mettersi in discussione collaborando con tre compagni più giovani, diretti verso un’avventura ad Accra. Nel cast del film (prodotto da Kofi Owusu Afriye e Korey Jackson, 105′ di durata) troviamo Ricky Adelayitar, Endurance Dedzo, William Lamptey, Kiki Romi e Dulo Harris.
La regista Zoey Martinson ha lavorato per il teatro e per la tv, dirigendo e scrivendo tra le altre cose Incomplete (Hulu/Disney+), Ziwe (prodotta da A24 e in onda su Showtime). Fra i suoi corti Cupids (presentato al Tribeca Film Festival) e il premiato La Oposición, visto al South by South West. Il suo lavoro le è valso riconoscimenti a Cannes e da parte di Amnesty International.