È lieta di essere tornata in Italia Rosario Dawson, che durante la cerimonia di apertura del 42° Torino Film Festival ha ricevuto, insieme a Giancarlo Giannini e Matthew Broderick il Premio Stella della Mole. “È un luogo pieno di persone che amano il cinema e così ricco di storia del cinema stesso“, dice l’attrice che con i suoi due colleghi ha incontrato ieri la stampa.
Sono passati 30 anni da quando Rosario Dawson ha iniziato a fare cinema, quaranta per Matthew Broderick e quasi sessanta per Giancarlo Giannini, ma la loro passione per la settima arte suggellata a Torino da un premio con parecchie punte (come scherzosamente lo ha definito Broderick) continua a far pensare loro che questo sia un mestiere meraviglioso.
Dawson ripensa alle grandi evoluzioni nel campo della comunicazione visiva che hanno portato alla creazione di capolavori cinematografici (un percorso che non può non far pensare a quello ricostruito dettagliatamente e in modo affascinante dal Museo del Cinema di Torino). Con orgoglio e gratitudine l’attrice ricorda i suoi esordi nel cinema indipendente e con Spike Lee, ma non può fare a meno di provare una nota di tristezza di fronte alla difficoltà che negli ultimi tempi viviamo rispetto alla narrazione cinematografica. “Non voglio restare attaccata ad momento passato però – dice l’attrice –, quindi sono molto curiosa di vedere, mentre entriamo nell’era della realtà virtuale e di tutti i tipi di altre nuove tecnologie, come continueremo a dare forma alla narrazione”.
Ai suoi figli Broderick cerca di mostrare vecchi film, girati in pellicola, in cui la velocità di narrazione era molto diversa così come il modo di realizzarli. “Guardo molti vecchi film, a me piacciono e non mi sembrano vecchi, ma la loro capacità di attenzione oggi è diversa”.
Dall’alto della sua brillante, lunga e ricca carriera, che gli ha regalato recentemente anche una stella sulla famosa Walk of Fame, Giancarlo Giannini non si fa scrupolo di dire esattamente come la pensa in merito al cinema di oggi: “Purtroppo, dalla pandemia frequento poco la sala, ma il cinema è molto cambiato. Gli ultimi due film che ho visto sono The Fabelmans di Steven Spielberg e Perfect Days di Wim Wenders. Mi piacciono i film del passato, a casa sono pieno di film dalla nascita del cinema fino ad oggi, mi piacciono soprattutto i grandi film che oggi non si fanno più. I capolavori sono stati fatti tutti, adesso si deve pensare ad un nuovo modo di comunicazione più breve”.
Poi, inflessibile e determinato, Giannini aggiunge una riflessione: “Io in realtà non sono un attore, sono un perito elettronico di quaranta anni fa quando si studiava ancora la tecnologia digitale, che poi ha cambiato tutto, ma ancora non si è capita bene perché come tutte le rivoluzioni ha bisogno di diversi anni per potersi affermare. Non sono molto entusiasta del cinema che si fa oggi. Mi piace il cinema del passato. Punto e basta”.
In un crescendo incisivo e deciso, l’intervento di Giannini diventa infine una vera lezione di cinema per tutti: “Oggi abbiamo perso sia la semplicità che la fantasia. Essere semplici è diventato difficilissimo e la fantasia si adopera poco – spiega Giannini – Mi piacerebbe vedere più fantasia, più rottura degli schemi e andare avanti cercando nuovi modi di comunicare con più semplicità. Essere più semplici e usare quello che Dio ci ha dato: questo cervello meraviglioso che permette di spaziare dappertutto a 360°. Non mi piacciono le storielle, di film così ne ho visti troppi, ne ho fatti tanti. Sono stati fatti tanti capolavori, basti pensare a John Ford, Orson Wells, Stanley Kubrick, Akira Kurosawa, che hanno fatto il cinema, quel cinema che mi è piaciuto, con grande fantasia e con grande emozione. L’unico film che mi è piaciuto recentemente è quello di Spielberg, un genio del cinema che racconta in modo semplice una piccola storia della sua vita che lui aveva già raccontato, così come Wenders. Gli americani sanno usare bene gli effetti speciali, ma ci siamo un po’ rotti di questi effetti speciali. Ritorniamo alla semplicità di raccontare la vita in un modo più fantasioso e più umano, anche più mistico”.