In concorso oggi: il cinese The Sheperd e il francese Le retour du projectionniste

The Sheperd

Cina 2024, 52’

Zhenping è un pastore delle praterie dell’entroterra della Mongolia. Non si è mai sposato e, ora che si avvicina alla vecchiaia, vive da solo con sua madre Jinzhi. La loro vita è povera ma serena. Un’estate, il fratello di Zhenping, Guoping, torna a casa da Pechino per visitare la famiglia e gli presenta una ragazza. Zhenping si trova così di fronte a un bivio: da un lato, l’amore e la prospettiva di una vita migliore; dall’altro, restare nel villaggio, prendersi cura della madre anziana e ristrutturare le tombe dei suoi fratelli defunti.

Il regista, Yufei Zhao

(Cina) ha studiato all’Accademia cinematografica di Pechino nel 2018. Nel 2023 ha avviato il programma di Master in Regia Cinematografica presso l’Università di Edimburgo. Nel corso della sua carriera ha diretto il corto sperimentale The Scene (2019), il corto documentario Wind Is Heavy in Chicago (2020), il corto di finzione Room Without Mirror (2021) e il mediometraggio documentario The Shepherd (2024). «Durante le riprese di The Shepherd, Zhenping ha mostrato un atteggiamento straordinariamente positivo pur conducendo quella che percepivo come una vita piena di difficoltà – racconta – Amava la sua città natale, si è sacrificato per la sua famiglia e ne traeva gioia. In quello che mi sembrava un mondo di sofferenza, ha sempre conservato il suo ottimismo e la sua dedizione. La sua energia mi ha fatto riflettere sul vero valore del cinema documentario. Come filmmaker, avrei dovuto sfruttare la vita di Zhenping per costruire una storia inventata di miseria basata sui miei pregiudizi? Oppure avrei dovuto rispettare la sua personalità e le sue scelte di vita, trasmettendo autenticamente il suo spirito?»

 

Le retour du projectionniste

Francia 2024, 87’

Ai tempi dell’Urss Samid faceva il proiezionista nel suo villaggio azero al confine con l’Iran. Oggi si guadagna da vivere riparando radio e televisori, ma ha conservato l’attrezzatura cinematografica nel seminterrato e spera sempre di poterla riutilizzare. L’anno scorso suo figlio è morto in un incidente e dopo mesi di dolore Samid ha deciso di riaccendere il proiettore e riunire ancora una volta il villaggio davanti a uno schermo. In questa sua impresa ha incontrato un alleato inaspettato: Ayaz, un ragazzino che ama fare esperimenti d’animazione con il telefono. Nonostante la differenza d’età i due stringono un’intensa amicizia e presto si trovano ad affrontare le crescenti tensioni nel villaggio e vari problemi di carattere pratico (come ad esempio risolvere il problema del finale mancante dell’unico film disponibile), entrambi comunque determinati a riportare la luce nel loro villaggio.

Il regista, Orkhan Aghazadeh

(Azerbaigian, 1988) ha debuttato con il corto documentario A Letter to Lenin, presentato al Festival di Lipsia nel 2009. Il suo corto di diploma presso London Film School, The Chairs (2018), è stato proiettato in vari festival (Palm Springs Short, Angers Premiers Plans, Tampere, Bruxelles, Poitiers) e ha ottenuto diversi riconoscimenti. Nel 2021 il suo lungometraggio The Prisoner, ancora in fase di sviluppo, è stato il primo progetto azero a essere selezionato dalla Cinéfondation di Cannes e ha poi preso parte al Cinemart del Festival di Rotterdam.

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