In concorso: Dissident, dall’Ucraina del 1968 la nascita di una spirale di orrore

Nell’autunno del 1968 a Kiev tre destini si intrecciano: quello di Oleg, ex combattente dell’esercito ribelle ucraino, che ha scontato una pena in prigione, di sua moglie Vilena e delllo scrittore Taras, che sogna un premio Nobel. I registi ucraini Stanislaw Gurenko e Andriy Alferov presentano in concorso al 42°Torino Film Festival il loro film, Dissident, che getta uno sguardo sulle speranze, le tragedie e la disillusione di un’epoca nel loro Paese, evidenziando la lotta dell’Ucraina per l’indipendenza ben prima della sua proclamazione formale.

In Dissident Oleg, che ha combattuto sia contro la Germania nazista che contro l’Unione Sovietica comunista per l’indipendenza dell’Ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo il campo di prigionia sovietico, idolatra il suo passato militare e sogna di morire per amore degli ideali della sua lotta. Mentre Vilena sogna una vita tranquilla e dei figli e cerca diligentemente di salvare suo marito dai guai e da un nuovo arresto. La loro vita cambia quando incontrano l’ambizioso Taras, che offre a Oleg l’opportunità di diventare un “consulente” non ufficiale per il suo romanzo sull’esercito ribelle ucraino.

Il 1968 è stato fatale anche per il nostro Paese – scrivono i registi Gurenko e Alferov  – È stato un anno di sangue e di ideali e speranze crollate di un socialismo dal volto umano, seguendo l’esempio della Repubblica Ceca; un anno di proteste, arresti e libertà. Per gli anni Sessanta, è stato l’anno dei carri armati in Cecoslovacchia, la scelta finale del percorso dopo quattro anni di riflessione sul ‘disgelo’ di Brežnev”.

Nel disorientamento di quell’anno cruciale in Dissident Oleg, segretamente da tutti, si unisce al movimento dissidente clandestino, Vilena finisce nel letto di Taras e Taras stesso viene reclutato come agente dal KGB. Le loro speranze svaniscono una ad una e il loro futuro diventa sempre più drammatico e disperato.

Il 1968 ha formato l’architettura dell’indipendenza ucraina (proclamata formalmente solo nel 1991). Ma per entrarci, l’eroe deve prima tagliare con il passato, che come una catena attaccata ai suoi piedi. Nessuno allora sapeva cosa sarebbe successo dopo”, commentano i registi.

Il nostro film – spiegano Gurenko e Alferov  – non è un tentativo di cronologia, ma un groviglio intricato di eventi strappati quasi a caso che sono cresciuti in un nodo alla gola della storia. La mappa della storia del nostro paese è piena di spazi vuoti; non ci siamo prefissati di riempirli. È impossibile. A volte lo sguardo della telecamera vagabonda nel disperato tentativo di assimilare ciò che è accaduto. Allo stesso tempo, “Dissident” non è un film politico ma incentrato sull’uomo. Ecco perché abbiamo inserito i nostri personaggi in questo contesto storico. Non ci siamo posti il compito di ricostruire la realtà storica, ma abbiamo cercato di trasmettere il mondo interiore del protagonista, con i suoi traumi e la sua disperazione, e di concentrarci sui sentimenti e sui pensieri dei personaggi”.

Questi sentimenti e pensieri insieme a ciò che accadde storicamente in quegli anni riconnettono Dissident alla dura cronaca dei giorni nostri. “Come la Cecoslovacchia nel 1968, l’Ucraina oggi sta vivendo un’aggressione militare, iniziata con decisioni prese a Mosca. Le persone un tempo fraterne stanno uccidendo i nostri compatrioti, distruggendo il nostro Paese e minacciando l’Europa e il mondo oggi. Siamo molto commossi e grati che la Repubblica Ceca, uno dei primi paesi in Europa, abbia iniziato ad aiutare così tanto e continui a farlo oggi agli ucraini e all’Ucraina. L’orrore che l’URSS allora e la Russia oggi continuano a commettere in una spirale ogni volta sempre peggiore deve essere finalmente fermato da forze congiunte. Il nostro film, sebbene non sia una dichiarazione politica, è un’opportunità per parlare e comprendere i metodi e gli approcci del Cremlino per creare il suo Impero del Male. Ed è estremamente importante per noi avere un partner dalla Repubblica Ceca”.

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