Brazil, l’incubo surrealista di Terry Gilliam

Brazil

UK, 1985, 132′

 

Ancora oggi il mondo immaginato da Terry Gilliam per Brazil dà forma ai timori di molti su quelle che potrebbero essere le derive autoritarie e oppressive di uno stato che non lascia grande libertà ai suoi cittadini, ancor più del 1984 di Orwell, come poteva il 42° Torino Film Festival non omaggiare un tale cult inserendolo nella sezione Zibaldone di questa edizione? Datato 1985, il film del regista di La leggenda del re pescatore, L’esercito delle 12 scimmie e Paura e delirio a Las Vegas – oltre ovviamente di I banditi del tempo (1981) e Le avventure del barone di Munchausen (1988), che con Brazil completano la cosiddetta “Trilogia dell’immaginazione” – resta un esempio unico di quel cinema surreale, satirico e sociale insieme che grandi esempi ci ha regalato negli anni, dai capolavori dei Monty Python in poi.

Definito un “incubo surrealista”, quale che sia la versione del film con la quale si venga in contatto, la scelta giusta sarà sempre quella di rinunciare a cercare un ordine nel delirio anacronistico e fantastico di Gilliam, che in origine avrebbe voluto chiamare il film 1984 ½, in omaggio a Orwell e Fellini, e che riuscì a coinvolgere nella sua folle e kafkiana Metropolis – e intorno al Jonathan Pryce protagonista – un cast completato da Robert De Niro, Ian Holm, Bob Hoskins e Jim Broadbent. Nella quale lui stesso scelse di ritagliarsi un cameo (è l’uomo che fuma alla Torre Shangri-La), a imperitura memoria.

Il film sarà proiettato alle 15:00 al cinema Romano 2 con una presentazione a cura di Cristiana Capotondi, madrina del Festival.

Trama

In un futuro orwelliano, “Da qualche parte nel Ventesimo secolo”, il grigio burocrate Sam Lowry, impiegato del Ministero dell’Informazione, incontra la ragazza che da tempo vede nei suoi sogni. Potrebbe essere un angelo o una pericolosa sovversiva, ma a Sam non importa, e piano si lascerà trascinare dalle deliranti teorie dell’anarchico “Harry” Tuttle e dalle sue stesse illusioni romantiche. Che poco si confanno al mondo perfetto che lo circonda, nel quale la tecnologia regna sovrana e tutti sono sorvegliati da un’agenzia segreta del governo che impedisce all’amore di interferire con l’efficienza.

TERRY GILLIAM

(Minneapolis, Usa, 1940) si è laureato in scienze politiche all’Occidental College di Los Angeles e ha poi lavorato come illustratore d’animazione. Nel 1967 si trasferisce a Londra e due anni fonda con gli inglesi Terry Jones, Michael Palin, Eric Idle, John Cleese e Graham Chapman il famoso gruppo comico Monty Python. Autore delle illustrazioni animate dei lavori del gruppo, talvolta che interprete, è apparso nella serie televisiva Monthy Python’s Flying Circus, ha co-diretto il primo film del gruppo, Il sacro Graal (1975), e prodotto il cortometraggio The Crimson Permanent Assurance, presentato come apertura dell’ulimo film finale del gruppo, Il senso della vita Life (Grand Prix Spécial a Cannes nel 1983). Ha poi avviato una lunga e apprezzatissima filmografia da regista, con film come I banditi del tempo (1981), Brazil (1985), Le avventure del Barone di Munchausen (1988), La leggenda del Re pescatore (vincitore nel 1991 del Leone d’argento alla Mostra di Venezia), L’esercito delle 12 scimmie (1995), Paura e delirio a Las Vegas, presentato in concorso a Cannes nel 1998, imponendo un immaginario fantasioso e folle, al confine tra cinema, animazione, fantascienza, distopia, magia, allucinazione… Nel 2011 ha debuttato come regista d’opera con La Damnation de Faust all’English National Opera.

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