Da quando si svolgeva ancora a Messina fino ai tempi più recenti, il Taormina Film Festival è stato raccontato (anche) attraverso gli scatti dei fotografi utilizzati in reportage, sui magazine, sui rotocalchi popolari o per le agenzie stampa. I corpi di dive e divi, di attrici e attori, i volti e i gesti di cineasti, autori, registi hanno restituito il segno delle epoche del Festival a partire dal 1955 e che ora la mostra Foto-storie di cinema concepita da Carmelo Marabello, professore ordinario di Film and Media Studies all’Università Iuav di Venezia, ci riporta a galla attraverso un minuzioso lavoro di recupero archivi.
Presso la Casa del cinema in Corso Umberto 61 a Taormina è infatti possibile ammirare centinaia di foto tra scatti rubati e scatti posati realizzati da Ragonese, Vizzini, Stornello, Scardino che rievocano la storia del cinema internazionale passata in 70 anni di Festival, dai David di Donatello ai Nastri d’Argento, fino alle varie edizioni del Concorso nelle quali hanno presieduto giurie ed ospiti di grandissimo livello. Ingrid Bergman in un ristorante taorminese, le sequenze rubate in una conferenza di un giovane Woody Allen, la giovanissima e ancora ignota Isabelle Huppert in una sequenza posata, Jane Campion ritratta come una diva degli anni quaranta, lo splendore dal vero di Marlene Dietrich negli anni Sessanta, Jane Birkin, regista negli anni Novanta. Accanto a queste sequenza foto di sguardi al cinema, sguardi al lavoro, sguardi d’autore: Tarantino e Bertolucci, Antonioni e Jack Nicholson, Pedro Almodovar e Audrey Hepburn, seduti in mezzo al pubblico del Teatro Antico o del Palazzo dei congressi, spettatori.
Qui la nostra interista a Carmelo Marabello, che ci spiega di più sulla Mostra.
Come nasce Foto-storie di cinema?
L’idea della mostra è quella di raccontare una storia di fotoreporter e di come si costruisce un fotoreportage. Ci sono due storie parallele: una è quella dei Nastri d’Argento e dei David, l’altra quella del Festival che ha visto passare in concorso nomi come Spielberg e Woody Allen.
Non due di passaggio… D’altronde Taormina se l’è battuta per anni con la Mostra del Cinema di Venezia, erano altri tempi.
Gli anni 70, 80 e 90 sono stati anni importantissimi per Taormina: sotto la conduzione di Guglielmo Biraghi ed Enrico Ghezzi c’è stato cinema di grandissimo livello. Basti pensare che nel 1994 ospitammo l’anteprima italiana di Pulp Fiction con Quentin Tarantino a capo di una giuria composta, tra gli altri, da Abbas Kiarostami, Atom Egoyan e Rosanna Arquette. Per non parlare del grande cinema tedesco, con Rainer Werner Fassbinder e Werner Herzog, ma anche tracce di cinema asiatico, africano e australiano.
Il numero di festival italiani era molto più limitato, non c’erano ancora Torino e Roma. Ma proprio con gli archivi del festival e con queste foto è interessante vedere che cinema è arrivato qui a Taormina.

Negli anni il cinema è cambiato tanto, come anche il lavoro dei fotografi.
I fotografi adesso sono obbligati a lavorare all’interno di canoni, sono condizionati da photocall, red carpet, tutte strutture che canonizzano lo scatto e non danno occasione al fotografo di esprimere uno sguardo diverso. E’ molto più difficile rispetto a prima. Riguardare questi archivi significa raccontare anche la storia di un lavoro. I fotografi hanno fortemente influenzato il modo di guardare la vita del cinema, degli attori e dei registi.
Che fotografie sono quelle di Ragonese, Vizzini, Stornello, Scardino?
Troviamo foto in posa, tanti spazi diversi, spiagge, strade, alberghi. Ma anche foto realizzate all’interno del teatro con i registi che si mescolano nel pubblico. Mi piaceva l’idea di catturare i loro sguardi che forse lavorano, forse si divertono. C’è uno studio sul corpo degli attori. L’idea era di lavorare su ritratti e sequenze posate come quelle di Jane Campion che posa come una diva, Isabelle Huppert a 20 anni quando invece ancora una diva non era, Jane Birkin da regista e non da attrice. Poi ci sono le sequenze rubate e le immagini di pubblico, le sale cinematografiche piene, il teatro, i luoghi del Festival. Il tutto con l’idea di raccontare che il cinema esiste se esiste un pubblico.
Oltre alle foto ci sono anche dei preziosi super 8 di Giuseppe Quatriglio.
Sì, quando lavorava per il Giornale di Sicilia. Questi super 8 ci raccontano gli anni ’60, ma senza uno scopo pubblico. Erano una visione privata di Quatriglio, servivano solo come sua memoria. Si vedono per la prima volta.
Avete usato tutto il materiale a vostra disposizione?
Assolutamente no. Soltanto l’archivio di Vizzini ha 20 mila foto sulla storia di Taormina, quello di Ragonese altrettante, Stornello siamo sui 30 mila negativi. Ad esempio una sequenza che non abbiamo fatto in tempo a stampare, per lo spazio limitato del posto, è quella di una giovanissima Sandra Bullock. Questa è una piccola prefazione. Per questo si chiama Foto-storie, al plurale, perché potrebbe essere una sequenza da raccontare in altre parti.