Cronache dal Festival: Aurelio Grimaldi e «l’ipotetica rieducazione di Totò Riina»

“Le carceri italiane rappresentano l’esplicazione della vendetta sociale nella forma più atroce che si sia mai avuta” sosteneva Filippo Turati in un discorso alla Camera dei Deputati. Con Il rieducatore Aurelio Grimaldi ri-prova a riportare al centro del dibattito politico e sociale la questione posta più di un secolo fa dal fondatore del Partito dei Lavoratori.

Grimaldi nel suo film è il rieducatore che tenta invano di riabilitare il mafioso Totò Riina, interpretato da Tony Sperandeo perché “mi sarebbe davvero piaciuto molto occuparmi della rieducazione del boss mafioso” ha ribadito più volte il regista durante l’intervista.

Un film che scorre sul grande schermo del Taormina Film Festival come una puntata di Storie Maledette della inarrivabile Franca Leosini, in un continuo botta e risposta tra i due protagonisti, che riesce a strappare anche qualche risata.

 

Con questo film lei ritorna al suo primo amore, raccontare la situazione delle carceri. Una ossessione o ci crede veramente nella rieducazione?

Con questo film realizzo un mio desiderio che avevo da tempo, da quando a 24 anni entrai al Malaspina dove sognavo di rieducare i miei alunni detenuti. Quell’anno litigai con i miei amici palermitani perché sostenevo che anche Totò Riina, all’epoca ancora latitante, se arrestato, avrebbe avuto anche lui diritto alla rieducazione costituzionale e io sarei stato pronto a occuparmi della sua rieducazione. 

Ci ha già provato altre volte a raccontare storie di rieducazione, scrivendo Mery per sempre e Ragazzi Fuori. Un tema che le sta a cuore.

Alcuni temi sono il privilegio e le depravazioni dei registi. Anche questa volta, a distanza di anni non ci sono riuscito nella realtà, perché la mia vita ha preso altre strade, ma finalmente ci sono riuscito con questo film, in cui mi occupo della rieducazione di Totò Riina, magistralmente interpretato da Tony Sperandeo.

Spera che questo film possa far capire che dobbiamo ancora fare i conti con il problema delle carceri?

Nessuno si è posto questo problema, veramente in questo senso mi sento l’unico, non per questo mi sento il migliore, ma mi sento uno che crede ciecamente, non solo nella Costituzione, ma crede negli esseri umani.

Pensa davvero che un mafioso come Totò Riina avrebbe potuto essere rieducato?

Trovo solo persone che mi dicono che sono un utopista o che è una minchiata. Nessuno, né in ambito, non dico cinematografico o letterario, ma neanche giuridico, psicopedagogico o altro, nessuno ha mai posto la questione se Riina, Messina Denaro, Gaetano Badalamenti, cioè gli ultimi capi dei capi sopravvissuti, si sarebbero potuti rieducare. Invece sono morti in galera, senza aver avuto la possibilità di un processo rieducativo.

La sua convinzione sembra più un atto di fede.  

Spesso mi scambiano per un parrino, per un prete, mentre invece sono ateo. Per me non è una questione morale, è una questione di umanità, con il fratello o la sorella che sbagliano, come dice la costituzione italiana,  dobbiamo essere empatici, costruttivi e pensare sempre al perdono che non vuol dire togliere le responsabilità. Riina deve pagare fino in fondo, ma è un essere umano che ha i suoi diritti, il capo dei capi non è un essere alieno dalla nostra comunità.

Lei hai aperto, forse inconsapevolmente, un filone cinetelevisivo che ancora oggi riscuote un grande successo. Cosa pensa del fenomeno di Mare Fuori?

Mare fuori è una parodia della delinquenza minorile, il parallelo lo posso fare solo con La rieducazione. Un film che non poteva avere sceneggiatura, perché se avessi fatto la sceneggiatura avrei fatto Mare fuori, mi sarei sognato, immaginato come poteva reagire Totò Riina, in una situazione di stimolazione insolita per lui, un linguaggio diverso.

Mare fuori non le sembra il sequel di Mery per sempre e Ragazzi Fuori?

Non sono per niente paragonabili. Mery per sempre è una vicenda autentica e che viene raccontata in quanto autentica, perché si è realizzata, non c’è lo sceneggiatore che si inventa storie d’amore sentimentali. Mare fuori è più Matilde Serrao che Pasolini, la storia del maestro è vera. Mi fa piacere che abbia tanto successo, ma con la delinquenza minorile non c’entra niente.

Nessuna aderenza con la realtà degli IPM?

Mi dispiace che alcuni lo spacciano per un documento di devianza minorile, è un romanzo popolare totalmente inventato e con pochissimi collegamenti con la realtà. I ragazzi degli Istituti Penitenziari sono molto diversi e migliori di quelli di Mare fuori.

Perché questo tema piace molto ai giovanissimi?

Nella mia vita due temi ossessivi sono stati la prostituzione e il carcere, due ambiti della realtà umana che si prestano molto al romanzo popolare.

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