«È un mix di documentario e finzione, racconta l’itinerario di un personaggio dai 6 ai 30 anni e di come diventa uno spettatore cinematografico. Una storia di crescita, ma anche una riflessione sul cinema e sui vari mezzi attraverso cui oggi lo vediamo». Così il regista francese Arnaud Desplechin descrive a Ciak il suo più recente lungometraggio, Filmlovers! (Spectateurs!), già fra le Proiezioni speciali al 77° Festival di Cannes e giovedì 18 luglio (ore 19.30, Sala A del Palazzo dei Congressi) al Focus Mediterraneo di Taormina 70 in presenza del regista. Che prima, però, terrà mercoledì 17 alle ore 13 (Sala B del Palazzo dei Congressi) una Lezione di cinema moderata dal Direttore artistico della manifestazione, Marco Müller.
«Andare al cinema – che cosa significa? Perché lo facciamo da più di 100 anni?», si domanda il filmmaker, che della settima arte è innamorato dai tempi degli studi giovanili a Parigi, dialogando a più riprese con la gloriosa generazione di autori di quella Nouvelle Vague che esplode proprio a cavallo del 1960, anno in cui Desplechin nasce a Roubaix, città cui dedicherà il noir Roubaix, una luce del 2019.
Dopo gli esordi come direttore della fotografia e regista di corti e mediometraggi, nel 1992 l’opera prima La Sentinelle viene presentata in concorso alla Croisette, di cui Desplechin si segnalerà negli anni come un vero habitué, portandovi titoli come Comment je me suis disputé… (ma vie sexuelle) (1996), Esther Kahn (2000), I segreti degli uomini (2003), Racconto di Natale (2008), Jimmy P. (2013) e Fratello e sorella (2022). Numerose le candidature ai César, vinto nel 2016 per la regia de I miei giorni più belli.
Il suo è un cinema teso sovente a indagare a fondo le psicologie di personaggi che si rivelano progressivamente allo spettatore nel corso del film, mettendo a fuoco non di rado la complessità delle relazioni familiari: «Il riferimento di tutti i cineasti che parlano della famiglia è Čechov», ha dichiarato a tale proposito, ricordando l’idea del grande scrittore e drammaturgo russo secondo cui «la famiglia è il più piccolo teatro che c’è al mondo, è un microcosmo. Parlando di una famiglia si possono affrontare sia temi intimi che temi universali, politici, sociali».
Ma, a proposito di teatro, l’opera di Desplechin non manca di meditare sullo statuto dell’arte, la condizione di chi la pratica, il pubblico e il rapporto con esso. Com’è evidente in Filmlovers!, dove il regista voleva esplicitamente «celebrare le sale cinematografiche e la loro magia». Attraverso il protagonista Paul Dédalus, nome ricorrente nei lavori del cineasta e qui interpretato da quattro attori diversi (Louis Birman, Milo Machado-Graner, Sam Chemoul e Salif Cissé) in altrettante età della vita. «Paul Dédalus», spiega Desplechin, «è qualcuno che ama contemplare le persone intorno a sé. Quindi ho usato lo stesso cognome, che allude anche al labirinto narrativo».