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Il Leopardi di Rubini, Separated, Apocalipse nos trópicos, Riefenstahl

Separated

Usa/Messico, 2024. Regia Errol Morris. Durata 93′

Non che fosse una novità, nella gestione dei flussi migratori illegali provenienti dal Messico e diretti negli Stati Uniti, ma durante la precedente amministrazione Trump la pratica della separazione familiare venne terribilmente incrementata, almeno fino al giugno 2018. Un procedimento che, in nome della tolleranza zero voluta dal Presidente repubblicano, è arrivato a togliere migliaia di bambini ai propri genitori, colpendo circa 8.000 nuclei familiari dal 2017 in poi, stando ai dati del governo statunitense citati da Amnesty. Una violenza che oggi conquista lo schermo e arriva al pubblico della Mostra Internazionale di Cinema di Venezia grazie al documentario di Errol Morris, Separated. Fuori concorso, per la terza volta (dopo aver presentato i sei episodi della miniserie Wormwood con Peter Sarsgaard nel 2017 e il doc American Dharma del 2018 su Steve Bannon, oltre al The Unknown Known in concorso nel 2013), il vincitore del premio Oscar 2004 di categoria  – per il documentario The Fog of War – La guerra secondo Robert McNamara – si ispira al best-seller “Separated: An American Tragedy” di Jacob Soboroff, coinvolto come sceneggiatore e produttore esecutivo. “Affrontare il tema delle famiglie separate al confine è particolarmente attuale e urgente“, ha dichiarato il co-presidente di Submarine Josh Braun del lavoro del regista, che del suo film ha detto di aver voluto esaminare “l’incubo che queste politiche hanno prodotto” e di aver girato certe scene per “farci riflettere sulla natura di ciò che sarebbe potuto accadere“. E che conferma l’attenzione verso il candidato alle prossime elezioni presidenziali, protagonista anche di uno dei suoi progetti mai realizzati, quello di The Movie Movie, nel quale immaginava che proprio Donald Trump recitasse in Quarto potere, in un universo alternativo.

Di Mattia Pasquini


 

Leopardi – Il poeta dell’infinito (parte 1 e 2)

Dopo Martone anche Rubini si misura con la figura di uno dei più grandi filosofi e poeti italiani”, così il direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia Alberto Barbera ha annunciato la presentazione tra gli Eventi Speciali Fuori Concorso della miniserie Leopardi – Il poeta dell’infinito. Diretta da Sergio Rubini, già autore de I fratelli De Filippo (2021), la miniserie in due parti restituisce un ritratto inedito, ma storicamente accurato di Giacomo Leopardi partendo dall’adolescenza con la sua eccezionale formazione a Recanati, fino all’amicizia con Antonio Ranieri e alla sua ossessione per la seducente Fanny che rappresentava l’oggetto del suo desiderio e la fonte di ispirazione per la sua poesia. La miniserie, scritta da Rubini con Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini, andrà in onda su Rai 1 a dicembre 2024 e vede protagonista Leonardo Maltese nei panni di Leopardi affiancato da Cristiano Caccamo interprete dell’amico Ranieri, Giusy Buscemi come Fanny Targioni Tozzetti e Alessio Boni quale padre di Giacomo Leopardi. Leopardi – Il poeta dell’infinito “ha richiesto un grande investimento produttivo i cui punti di forza sono l’accurata ricostruzione storica e l’importante cast”, spiega ancora Barbera. È la storia di un grande poeta che ha sfidato il suo tempo, genio formidabile capace di creare versi di sublime incanto e passione, ma anche scritti carichi di ideali politici e umani particolarmente significativi. La miniserie segue il cammino di Leopardi tra slanci e sconfitte, dovute principalmente alla sua salute precaria, attraverso le varie tappe della sua vita che lo portarono a Firenze, Milano, Bologna, Roma fino a Napoli, città in cui alla fine morirà, sullo sfondo della tumultuosa Italia di inizio ‘800.

Di Vania Amitrano 


Apocalipse nos trópicos

Brasile/Danimarca/Usa, 2024. Regia Petra Costa. Interpreti Luiz Inácio Lula da Silva, Jair Bolsonaro, Paulo Marcelo Schallenberger. Durata 110′

Non ci sarà solo Walter Salles, in concorso, a rappresentare il Brasile alla 81. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, tra i Fuori Concorso di questa edizione troviamo anche l’Apocalipse nos Tropicos di Petra Costa, quarantunenne attrice e regista di Belo Horizonte che arriva al Lido dopo il Premio della Giuria di Locarno 2015 per i giovani registi (con Olmo and the Seagull) e l’anteprima di The Edge of Democracy nella serata di apertura del Sundance Film Festival 2019. “Volevo capire come le democrazie di tutto il mondo fossero arrivate a un tale stato di crisi“, dice presentando il film nel quale porta sullo schermo i risultati di una indagine iniziata dieci anni fa. Otto capitoli per analizzare il fondamentalismo e l’influenza – in crescita in Brasile, soprattutto durante la pandemia di Covid-19 e il mandato del Presidente Bolsonaro – che i leader religiosi esercitano sulla politica di un paese diviso, con visioni contrastanti riguardo fede, scienza, potere e solidarietà, nel quale la democrazia sembra a volte lasciare il posto a una teocrazia. “Nel 2016, nella capitale Brasília – ricorda la Costa, – ho trovato un gruppo di pastori evangelici coi loro seguaci, che attraversavano il Parlamento benedicendo i seggi dei legislatori, determinati a istituire un governo di veri credenti“. Una scoperta che l’ha spinta a viaggiare “attraverso i simboli e i misteri del cristianesimo”, tra la “marea di persone” che ascoltava il telepredicatore più influente del Paese, legato all’estrema destra, Silas Malafaia, e i “fedeli in ginocchio per le strade” convinti che la pandemia fosse un segno divino. “La fede scaturisce da un bisogno umano, che dovrebbe essere compatibile con la vita e la democrazia, ma non è sempre così – conclude. – Quando le forze del fervore religioso si scontrano con gli ideali democratici, il risultato può portare alla tirannia“.

Di Mattia Pasquini


Riefenstahl

È una delle donne più controverse del XX secolo, Leni Riefenstahl, attrice, regista e fotografa tedesca, raggiunse notorietà durante il regime nazista con i suoi film più noti, Il trionfo della volontà (1935) e Olympia (1938). Alla 81ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Andres Veiel (Black Box BRD, 2001) presenta Fuori Concorso Riefenstahl, documentario che indaga sulla storia e l’eredità di una artista ambigua e su un aspetto del suo linguaggio estetico pericolosamente attuale. «Ora come allora, i mondi visivi di Leni Riefenstahl ruotano attorno al tema del trionfo. Il trionfo sui dubbi, sulle ambivalenze, su quelle che vengono considerate delle imperfezioni e delle debolezze – spiega Veiel – Osservando il mondo di oggi, fare un film su Riefenstahl si è presentato per me come un vero bisogno, impellente. L’eredità di Riefenstahl, reinterpretata alla luce dei suoi scritti e documenti privati, offre l’opportunità di una nuova prospettiva sulla fascinazione rispetto alla maestosità del Terzo Reich e la necessità di glorificare i corpi perfetti, vittoriosi e muscolosi, una necessità che si sta riproponendo prepotentemente nella nostra società odierna». Sebbene legata ad Adolf Hitler da amicizia e stima, Riefenstahl non fu mai iscritta al Partito nazista, ma ne condivise e propagandò l’estetica. Utilizzando documenti provenienti dalla tenuta di Riefenstahl, tra cui filmati privati, foto, registrazioni e lettere, il film di Veiel si interroga sul suo linguaggio visivo che celebra la perfezione e la potenza e disprezza ogni forma di debolezza, lo colloca in un preciso contesto storico per poi estrapolarne riflessioni su un presente che nuovamente rischia di rifarsi a quegli stessi ideali del passato.

Di Vania Amitrano 

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