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Cronache dal Lido: Tahar Ben Jelloun a Bookciak, De Laurentiis per L’oro di Napoli

«Non esistono gerarchie tra esseri umani, e quando le creiamo danno luogo a situazioni di apartheid, come successo in Sud Africa o come sta succedendo in Israele con gli arabi palestinesi». Lo dice lo scrittore Tahar Ben Jelloun (autore de Il razzismo spiegato a mia figlia) alla pre-apertura delle Giornate degli Autori di Venezia, dove presiede la giuria di Bookciak, Azione! (formata con lui da Gianluca Arcopinto, Wilma Labate e Teresa Marchesi).

Per il concorso ideato e diretto da Gabriella Gallozzi (con l’adesione dei Giornalisti Cinematografici – SNGCI), quest’anno sul tema La pace quotidiana, hanno vinto i corti (tratti dai libri selezionati dal premio Bookciak Legge) Voci di libertà di Lavinia Andreini (tratto dalla raccolta di scritti di Clelia Pellicano Nuovo e vecchio mondo), Mezzanotte di Andrea Alfieri e Patrizia Ricchiuti (dalla raccolta di poesie La grande nevicata di Federico Italiano), Akim’s Tea. Una storia d’amicizia di Flavio Ceccarani e Giorgio Battistelli (dal graphic novel di BeneDì Il racconto della roccia) Ho sognato che a Milano c’era il mare di Mattia de Gennaro (per la sezione Memory Ciak in collaborazione con Spi-CGIL, LiberEtà, Premio Zavattini e AAMOD, dal romanzo di Peppe Lomonaco Il ragazzo con la tuta blu) e Pace a colori (realizzato dalle allieve detenute del carcere di Rebibbia), mentre a Metamorfosi di Paolo Pisanelli e Matteo Gherardini è andato il Premio Speciale Bookciak, Azione!. 

Il corto Posti vuoti di Viola Folodar (ex allieva dell’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni di Busto Arsizio) s’ispira invece all’ultimo libro di Ben Jelloun, L’urlo. Israele e Palestina. La necessità del dialogo al tempo della guerra, nell’ambito della collaborazione di Bookciak con l’editore La Nave di Teseo. Il testo non è uscito in Francia perché lì, ci spiega l’autore, «se si critica Israele si è accusati di antisemitismo, e la parola “palestinese” è praticamente vietata, se non per parlare del terrorismo di Hamas».

Lui, peraltro, ha condannato gli attentati del 7 ottobre, ma non esita a definire «genocidio» l’offensiva militare israeliana a Gaza. «L’uomo ha sempre amato la guerra, e nel sistema liberale capitalista in cui viviamo produciamo armi e quindi le dobbiamo vendere. Quelle con cui gli israeliani stanno uccidendo i palestinesi vengono dagli Stati Uniti». In questo scenario di «guerra mondiale “sparpagliata”», che riguarda anche altri Paesi dal Sudan all’Ucraina, è essenziale il ruolo della cultura (cinema compreso): «Non può risolvere da sola le questioni ma è importante che vi partecipi».

di Emanuele Bucci


 Conservare, restaurare e promuovere i classici del nostro cinema

«L’oro di Napoli – ricordava Martin Scorsesea New York era trasmesso a quei tempi in televisione, e tutti nel quartiere lo rivedevano ogni volta e lo amavano molto. […]  È un film che offre una meravigliosa gamma di stili comici e incorpora qualcosa che apprezzo molto nel cinema italiano: il modo in cui si muove senza sforzo tra la commedia e la tragedia». A presentare ieri sera il film, prima della proiezione in prima mondiale della sua versione restaurata in 4K a cura di Filmauro e Cinecittà con la supervisione artistica di Andrea De Sica, il produttore Aurelio De Laurentiis della Filmauro, Chiara Sbarigia presidente di Cinecittà e, appunto, il regista Andrea De Sica che del grande Vittorio è il nipote.

L’oro di Napoli, tratto dall’omonima raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, nella riduzione cinematografica di Cesare Zavattini che lo ha sceneggiato con lo scrittore e lo stesso De Sica è stato prodotto da Carlo Ponti e Dino De Laurentiis. Il film è suddiviso in 6 episodi: Il guappo, Pizze a credito, Il funeralino («Episodio che all’epoca Dino De Laurentiis aveva tagliato e che mio padre Manuel e Aurelio hanno recuperato», ricorda Andrea De Sica), I giocatori, Teresa e Il professore, con un cast in stato di grazia: Totò («Che per la prima volta non ha improvvisato, ma ha seguito il copione»), Sophia Loren, Silvana Mangano, Paolo Stoppa, Eduardo De Filippo, Tina Pica, e lo stesso Vittorio De Sica.

«Qui, nella capacità di alternare toni drammaturgici nella stessa sequenza, dalla commedia al dramma, dal farsesco all’intimista alla cronaca sociale nasce la commedia all’italiana», sottolinea De Laurentiis, che lancia una proposta che coinvolge il Ministero della Cultura e quello della Pubblica Istruzione: «Film come questi devono poter tornare nelle sale, magari in questo caso con una bella anteprima al San Carlo di Napoli. I film vanno conservati e restaurati, ma non basta, poi bisogna farli vedere nelle sale e anche nelle scuole».

«Per formare una vera cultura cinematografica nel nostro paese sarebbe utile che già in prima media si dedicassero due ore a settimana alla visione di un classico del nostro cinema: così in un anno scolastico le nuove generazioni ne potrebbero conoscere 40». Per Andrea De Sica questo restauro è anche una simbolica raccolta del testimone dei restauri che stava facendo suo padre Manuel, che si era fermato proprio a L’oro di Napoli:

«Facendo vedere questo film a mia figlia Maria, pronipote di Vittorio, tengo viva la memoria generazionale sull’opera di De Sica. Il nostro prossimo restauro sarà su Il giudizio universale».

di Oscar Cosulich

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