Intervista a John Musker: «volevo dare vita a personaggi che emozionano»

La Sirenetta (1989), Aladin (1992), Hercules (1997) e molti altri indimenticabili capolavori Disney sono opera di un unico nome: John Musker. A Cartoons on the Bay il regista, sceneggiatore e produttore statunitense, due volte candidato agli Oscar per La principessa e il ranocchio (2009) e Oceania (2016), è tra i giurati dei Pulcinella Awards e sul mondo dell’animazione ha ancora molto da raccontare. I’m Hip, cortometraggio animato da lui scritto, disegnato, diretto e prodotto, ne è la prova.

La passione per il mondo dell’animazione Musker ce l’ha sin da quando aveva 7 anni, quando rimase affascinato da un programma che raccontava il dietro le quinte della realizzazione delle opere di animazione Disney. Anni dopo all’università ebbe modo di assistere ad un incontro con Chuck Jones, il noto regista delle serie animate di Bugs Bunny, Daffy Duck, Wile E. Coyote e Beep Beep, Pepé Le Pew, Porky Pig e molte altre della Warner Bros. Cartoons. A Chicago incontrò poi anche Richard Williams, creatore di Roger Rabbit: “Era così appassionato di animazione che mi ha fatto riflettere sulla mia possibile futura carriera”, racconta Musker a Ciak.

Grazie al libro “The Art of Walt Disney” di Christopher Finch Musker venne a sapere che alla Disney stavano sviluppando un programma di formazione per giovani animatori. “Gli animatori erano tutti sulla sessantina allora – racconta ancora il regista – e si sono resi conto che, se volevano andare avanti, avrebbero avuto bisogno di coinvolgere i più giovani”. Per due anni così frequentò una scuola d’arte fondata dallo stesso Walt Disney, dove fu notato e da lì assunto come animatore. “Era proprio quello a cui aspiravo: stare dove davvero si realizzano i personaggi, dove questi prendono vita, respirano, si muovono e suscitano emozioni”.

La Disney presto poi propose a Musker di diventare anche regista e sceneggiatore e fu in quell’epoca che lui realizzò il suo primo lungometraggio animato con Ron Clements, Basil l’investigatopo (1986). Poco dopo Clements gli propose di scrivere insieme la sceneggiatura di quello che sarebbe diventato poi La sirenetta (1989), per cui inventarono i personaggi della strega Ursula, del granchio Sebastian che parla con accento giamaicano e altri. Da quel momento è nata una felice e fortunata collaborazione che ha dato vita molte altre opere.

Lei e Ron Clements insieme avete realizzato anche Aladdin (1992), Hercules (1997), Il pianeta del tesoro (2002), La principessa e il ranocchio (2009) e Oceania (2016). Come nascono fantastici film d’animazione come questi?

Le idee ci venivano dai posti più disparati. All’inizio c’eravamo solo Ron e io che cercavamo di capire che storia raccontare, ma alla fine sempre più persone partecipavano e siamo arrivati ad essere anche in 500 a lavorare ad un film. Per La sirenetta tutto è nato dalla fiaba di Hans Christen Anderson. Mentre Oceania è stata una mia idea. Ero stato ispirato dai dipinti di Paul Gauguin e dai libri di Herman Melville e Joseph Conrad ambientati nel Pacifico meridionale, ero affascinato dal tipo di mitologia di quelle regioni. Avevo scoperto il personaggio di Maui, era una specie di Superman in grado di mutare la propria forma, era un eroe, ma anche un uomo qualunque e la cosa mi sembrava molto divertente. Ron ne rimase affascinato e abbiamo scritto una prima versione della storia incentrata intorno a lui. Poi abbiamo fatto altre ricerche e siamo stati in quelle isole del Pacifico dove abbiamo conosciuto questi aborigeni, erano semplicemente fantastici. I pescatori delle Fiji parlano dell’oceano come se questo avesse sentimenti e fosse vivo e, quando abbiamo scoperto che il nome Moana significava proprio ‘oceano’, abbiamo deciso di chiamare così la protagonista del film, che, come in un viaggio a ritroso nella storia reale, riporta il suo popolo all’antico rapporto che aveva con il mare”.

Da La sirenetta a Oceania l’impiego della CG si è fatto sempre più presente nei film di animazione Disney. Cosa ne pensa lei di questo strumento e dei cambiamenti che ora sta portando anche l’IA?

Spero che l’IA possa essere un buon strumento, come all’epoca lo fu la CG, che in Oceania ci permise di dare quasi un’espressione corporea alle onde del mare, presero vita ed erano in grado di reagire. Certamente non voglio che l’IA diventi qualcosa che serve solo a rubare opere ad altri artisti per risparmiare denaro, ma se può essere usata come strumento per fare ciò che non eravamo in grado di fare prima, allora è una cosa buona. Anche la CG all’epoca ci spaventò, perché molti temevano che la tecnologia avrebbe potuto prendere il posto della creatività umana, ma gli artisti hanno trovato il modo di usarla per raccontare storie, erano sempre loro a fare le scelte non una macchina. È presto per dirlo, ma penso che gli artisti debbano trovare il modo di usare anche l’IA a proprio vantaggio, perché sono sicuro che non scomparirà”.

E I’m Hip?

“I’m Hip è un cortometraggio animato molto breve, ma sta viaggiando nei festival di tutto il mondo. È nato da una canzone che avevo sentito 30 anni fa, una specie di canzone jazz molto semplice ma divertente. Il ragazzo che l’aveva scritta e che la cantava era un tipo sardonico e sembrava davvero la parodia divertente di qualcuno che vuole essere considerato il più figo di sempre pur non essendolo, così ho creato questo personaggio del gatto Hip. Per 35 anni non avevo più disegnato, ho sempre scritto e diretto, e avevo una gran voglia di tornare all’animazione. Così ho realizzato lo storyboard da solo e poi l’ho progettato e ho animato tutti i personaggi con l’aiuto di un team di artisti freelance che ho pagato e che hanno dipinto gli sfondi e hanno disegnato i personaggi. È stato molto divertente, ho dovuto davvero imparare di nuovo e ho avuto modo di fare anche qualcosa che non avevo mai fatto prima, una sorta di animazione divertente a fumetti“. 

Cosa ne pensa del passaggio di molti film di animazione al live action?

Quando abbiamo realizzato film come La sirenetta c’erano cose che si potevano fare solo tramite l’animazione e sarebbero state impossibili dal vivo. Ma oggi la quantità di cose che non puoi fare nell’azione dal vivo è diminuita così come la distanza tra animazione e live action. Vedo film come Dune o Spider-Man: Across the Spider-Verse ed è come se le due cose si unissero insieme. La combinazione delle tecniche 2D con la CG crea uno strano ibrido, ma è molto interessante ed è emozionante da vedere”.

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