Bruce Morris e il processo creativo: «Abbiamo tutti delle storie da raccontare»

«Per sostenere la creatività servono curiosità, passione, lavoro e coraggio. Abbiamo tutti delle storie da raccontare, fate in modo di avere sempre la vostra». È Bruce Morris a salutare così il pubblico di Cartoons on the Bay al termine del panel “Il processo creativo e la narrazione” tenuto ieri all’Aurum di Pescara dove ha raccontato la sue esperienze nel dietro le quinte del mondo dell’animazione. Storyboarder di successo con Disney e Pixar, amico di lunga data e compagno di scuola di John Musker, con il quale ha collaborato ad alcuni dei suoi film più celebri, da Basil l’investigatopo a Hercules e La principessa e il ranocchio, Morris si è avvicinato al mondo dell’animazione da bambino grazie alla sua forte spinta creativa. Ce lo racconta con un aneddoto: «a sei anni mi capitò di ingoiare una mosca: riuscii a convincere mia madre a chiamare l’ospedale perché la sentivo muoversi dentro il mio corpo. Se sei convincente nel raccontare una storia, funzionerà».

Il suo rapporto «d’amore e odio» con la Disney comincia con Basil l’investigatopo (1986) diretto da Burny Mattison, David Michener, Ron Clements e John Musker, per il quale curò gli storyboard, in special modo – ci spiega – quelli della complicatissima trappola mortale in cui finiscono Basil e Topson e dalla quale riescono a liberarsi con un altrettanto ingegnoso meccanismo.

 

Dopo Basil arrivò La Sirenetta (1989), diretto nuovamente dal duo Ron Clements e John Musker. Qui Morris lavorò sullo studio dei personaggi, proponendo versioni per Ariel, Ursula e il granchio Sebastian.

Alcune bozze di Bruce Morris per La sirenetta

Nel 1995 torna in Disney per Pocahontas richiamato da Mike Gabriel, con il quale aveva lavorato, nel 1990, al sequel di Bianca e Bernie (The Rescuers Down Under). «Ero venuto a conoscenza del fatto che volevano fare un sequel. Portai le mie idee, le mie bozze. Inizialmente decisi di ambientarlo in Egitto, all’epoca Indiana Jones era un grande cult. Le mie idee piacevano, è un processo organico, che deve costruirsi da solo. Purtroppo un gruppo di turisti venne attaccato mentre visitava le Piramidi e Disney decise di cambiare luogo, l’Egitto non andava più bene. Passai quattro mesi a cercare di trasferire quegli stessi elementi su altri posti – Alaska, Russia, Africa centrale – ma niente, mi dissero che era troppo etnica, cosa che oggigiorno, nell’era della diversità, ci sembra assurda. Poi uscì Mr. Crocodile Dundee, film che ebbe un successo enorme. Decisi di ambientare anche Bianca e Bernie in Australia”.

Nel 1997 è il turno di Hercules (anche qua ritrova il suo amico John Musker) dove si dedicò al lavoro della sequenza finale, quella della battaglia con i Titani.

Hercules

Nel 2003 è la Pixar a chiamarlo per Alla ricerca di Nemo, lavoro che Morris descrive come il più faticoso mai fatto. «Per un mese lavorammo 8 ore al giorno per migliorare il film. Le storie di Marlin, Dory e Nemo vennero spesso riscritte perché Steve Jobs, all’epoca capo di Pixar, detestò i primi screening test: le sequenze erano troppo episodiche, non legavano, il padre, Marlin, era troppo irritante e Dory aveva poche battute». Sul personaggio di Dory, aggiunge: «doveva diventare il surrogato di Nemo. Era tramite il rapporto con lei che il padre doveva cambiare, facendo rimbalzare su di lei le sue frustrazioni».

Dopo l’esperienza in Pixar, Morris tornò in Disney con La principessa e il Ranocchio (2009), il suo primo film in “computer drawing”, per il quale imparò tecniche da zero. Fu lui a ideare le ombre dell’antagonista quando sancisce il patto con i demoni.

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