Tratto dal libro di Teresa Manes, mamma di Andrea Spezzacatena che alla fine del 2012 rimase vittima di bullismo e cyberbullismo, Il ragazzo dai pantaloni rosa, diretto da Margherita Ferri e scritto da Roberto Proia (già autore della trilogia tratta dal libro “Sul più bello” di Eleonora Gaggero), è un film che con delicatezza, rispetto e coraggio affronta un tema attuale e drammatico per gli adolescenti. Claudia Pandolfi veste i panni della madre di Adrea, interpretato dal giovane Samuela Carrino affiancato da Sara Ciocca e Andrea Arru.
IL FATTO
Andrea (Samuele Carrino) è un ragazzo di circa 13 anni, vive con la mamma Teresa (Claudia Pandolfi), il papà (Corrado Fortuna) e il fratellino più piccolo, è un ragazzo sereno, studioso e affezionato alla sua famiglia, nonostante qualche lite tra i suoi genitori turbi le giornate a casa. All’ultimo anno delle medie si trasferisce in una nuova scuola dove, quando ancora quasi un bambino, si trova alle prese con le prime complicate amicizie dell’adolescenza. Incontra Christian (Andrea Arru) e rimane affascinato dalla sicurezza in se stesso che lui ostenta. Bravo nello sport, pessimo a scuola, Christian diventa una specie di mito inarrivabile per Andrea e la sua nuova migliore amica Sara (Sara Ciocca). Quando i ragazzi si trasferiscono al liceo però le cose cominciano a degenerare pericolosamente. Christian diventa sempre più pesante nel prendere in giro Andrea fino a farlo diventare un bersaglio per la scuola intera.
L’OPINIONE
Presentato all’interno di Alice nella città 2024, rassegna autonoma della Festa del Cinema di Roma dedicata ai più giovani, Il ragazzo dai pantaloni rosa è un progetto che nasce direttamente dall’esperienza di Teresa Manes nelle scuole con i ragazzi per contrastare bullismo e cyberbullismo. La scomparsa del figlio Andrea il 20 novembre del 2012 aveva infatti indotto la madre a cercare una strada che desse valore e senso ad un dolore incolmabile e ad un tragico sacrificio. Attraverso libri ed incontri con i giovani Manes ha cominciato così una battaglia in favore di una consapevolezza tra i più giovani che aiuti ad evitare che tragedie come quelle di suo figlio si ripetano di nuovo.
Molto era nato da una piccola e apparentemente insignificante circostanza che all’epoca fu posta al centro del drammatico fatto di cronaca su Andrea Spezzacatena. Sua madre gli aveva regalato un paio di pantaloni rossi, ma un lavaggio sbagliato aveva stinto il capo facendolo diventare rosa. Ingenuamente Andrea trovò la cosa interessante tanto da non farsi scrupolo di indossare i pantaloni anche per andare a scuola. Non erano dello stesso avviso però i suoi compagni che cominciarono a prenderlo in giro pesantemente anche sui social rovinando la vita sociale del ragazzo e soprattutto ferendolo profondamente proprio in quell’età più delicata in cui ciascuna persona comincia a formare il proprio concetto di sé.
Il ragazzo dai pantaloni rosa entra con garbo e rispetto nella vita di Andrea, un ragazzo come tanti, e racconta la sua storia immaginando che sia lui stesso, dall’aldilà a distanza di dodici anni dalla tragedia, a narrarla. Un espediente, quello del voice over, spesso rischioso al cinema, ma che qui diventa strumento semplice e adatto per far immediatamente entrare lo spettatore in sintonia con il protagonista della storia.
Non c’è tragicità in questo racconto mai caricato di un pathos che sarebbe stato superfluo; soprattutto si percepisce con chiarezza la determinazione, tanto nel linguaggio della regia quanto il quello della scrittura, a non indugiare né drammatizzare una storia che basta in se stessa a chiarire la gravità del suo portato.
La regista Margherita Ferri e lo sceneggiatore Roberto Proia riescono a veicolare con la leggerezza necessaria un contenuto forte che prima di tutto possa arrivare direttamente all’esperienza ordinaria di ogni adolescente. Non ci sono vittime dannate e predestinate né carnefici da colpevolizzare ne Il ragazzo dai pantaloni rosa, ma solo ragazzi comuni, a tratti fragili a tratti troppo coraggiosi fino a diventare drammaticamente incoscienti, osservati nella loro vita ordinaria con le gioie, i dolori e soprattutto le piccole grandi difficoltà di fronte a cui la vita comincia a porli.
Il ragazzo dai pantaloni rosa non nega qualche aspetto più drammatico della coscienza interiore del protagonista, il cui senso di fallimento resta indispensabile da raccontare, ma sempre bilanciato con la freschezza e la leggerezza di un’adolescenza comune a tanti. Samuele Carrino, Sara Ciocca e Andrea Arru, nonostante la loro giovane età, risultano perfetti e credibili nei loro ruoli, affiancati da una Claudia Pandolfi perfettamente equilibrata nella parte della madre del protagonista.
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Wonder ( 2017) diretto da Stephen Chbosky con Julia Roberts e Owen Wilson, storia del piccolo August Pullman, detto Auggie, ragazzo di 11 anni con una grave malformazione cranio-facciale che lo fa diventare vittima di gravi atti di bullismo a scuola.