Nel calcio si dice che bastano tre tocchi per andare in porta, ma nella vita, soprattutto in quella precaria dell’attore, si può dire la stessa cosa? Marco Risi cerca di rispondere a questa domanda attraversando il mondo dei sogni e delle frustrazioni, delle illusioni e delle delusioni degli attori in Tre tocchi, terzo film italiano in gara al Festival nella sezione principale, Gala, e nei cinema dal 13 novembre.
Gilles (Rocca), Antonio (Folletto), Emiliano (Ragno), Leandro (Amato), Massimiliano (Benvenuto) e Vincenzo (De Michele) sono sei attori sconosciuti uniti da una maglia: giocano tutti nell’ItalianaAttori -squadra di calcio realmente esistente e della quale fanno parte i protagonisti del film e lo stesso regista. Un giorno arriva per tutti i non più giovanissimi attori-calciatori la possibilità di fare il grande salto: un famoso regista – interpretato da Paolo Sorrentino, che compare in un cameo come anche Luca Argentero, Claudio Santamaria, Marco Giallini, Francesca Inaudi e Valentina Lodovini – sta facendo i provini per il suo prossimo film. Da compagni di squadra si ritroveranno a essere avversari su un campo molto più importante di quello da calcio e solo uno di loro riuscirà a segnare.
«L’idea di questo film è nata negli spogliatoi dell’ItalianaAttori » dice Risi che, dopo aver sottolineato il basso budget del film necessario per avere tutta la libertà che una grande produzione non garantisce, passa la palla a uno dei protagonisti della pellicola: Leandro Amato. «Un giorno, eravamo appena rientrati negli spogliatoi dopo una partita, io vado da Marco per parlargli. Ero arrabbiato nero perché non avevo ottenuto la parte in una serie tv ed ero davvero esasperato dai tanti provini andati male perché non ero abbastanza giovane, abbastanza vecchio, abbastanza alto, abbastanza basso. Dopo averne dette di tutti i colori faccio a Marco: âMa fammi un provino!â. Lui il provino non me l’ha fatto, ma è partito dal mio sfogo per fare il film ».
Proprio come fossero sul campo di calcio gli attori iniziano a passarsi la palla l’un l’altro. Così dopo Leandro Amato è il turno di un altro dei protagonisti di formazione teatrale, Antonio Folletto, che aggiunge: «Sì, eravamo negli spogliatoi quando Marco ci ha detto: âVoglio fare un film con due lire. Lo gireremo il sabato e la domenica. Chi ci sta?â Uno alla volta abbiamo alzato tutti la mano ». La storia narrata nel film parte dai racconti di vita di ciascun attore. C’è chi per recitare ha dovuto abbandonare la propria città, chi ha fatto l’ “acchiappino” in un ristorante a piazza Navona, chi ha fatto il cameriere in un hotel di lusso e anche chi, come Gilles Rocca, ha iniziato con i fotoromanzi: «Faccio ancora fotoromanzi e non me ne vergogno, anzi. Come il personaggio che interpreto anche a me, da attore, danno fastidio quei miei colleghi che vengono dall’accademia e solo per questo si sentono superiori ».
Un film sugli attori in cui il limite tra realtà e finzione, anche ascoltando i racconti dei protagonisti, sembra molto labile, e nel quale sono assenti figure femminili. «Per lei non esistono le attrici? », chiede una giornalista. Basta questa semplice domanda per scatenare la risposta polemica di Risi: «Certo che esistono, ma non giocano a calcio. Quando farò un film su una squadra di pallavolo di attrici ci saranno solo protagoniste femminili ». Alcune giornaliste fanno notare a Risi che tutte le figure femminili di Tre tocchi, seppure personaggi secondari, hanno un carattere remissivo. «Se il film mostra questi tipi di donne », controbatte  il regista, «non significa che tutte le donne sono così, né che io le considero così, né che questo è il messaggio che voglio lanciare con il film. Anzi, la questione di genere non c’entra niente con il film che, ripeto, è un film che parla degli attori. Ho fatto un film intitolato Il branco in cui il punto di vista è quello degli autori di uno stupro e non quello della vittima, ma questo non vuol dire che io condivido questo punto di vista né che sono favorevole agli stupri di gruppo ».